Evo de nuevo
Quando si arriva in Bolivia, si riceve un foglio per
l’entrata nel paese che come intestazione riporta questo nome: “Estado
plurinacional de Bolivia”. Con la promulgazione della nuova Costituzione, pochi
anni fa, non si parla più di Repubblica Boliviana, bensì di stato
plurinazionale: è la grande novità e la grande sfida del governo di Evo
Morales: riconoscere le varie etnie presenti nel paese come vere e proprie
nazioni, riunite in un unico stato democratico. La cosa suona bene, no? E’ un
ideale altissimo, una risposta positiva dopo secoli di oppressione e non
riconoscimento dei diritti dei popoli originari. Però, tra l’ideale e la realtà,
c’è sempre una discrepanza…
il presidente Evo Morales Ayma (dal web) |
Bisogna riconoscere che la riforma educativa riflette questo principio, infatti ha
sviluppato un “curriculum regionale” con il quale gli studenti sono tenuti a
conoscere la lingua originaria del luogo (per noi il quechua) e studiare temi
di storia e cultura locale. Gli impiegati nel Pubblico devono sapere la lingua
locale, oltre allo spagnolo, e le denunce contro la discriminazione sono
ascoltate e considerate importanti (se un impiegato pubblico non parla o non capisce
il quechua in Potosí, può essere licenziato o multato come discriminatore).
Il cambio c’è, però non tutti popoli dello Stato
Plurinazionale si riconoscono in questo modello, forse perché la cultura
privilegiata è quella del Presidente Evo: l’aymara e la affine quechua, in due
parole: il mondo andino. Per esempio, il 21 giugno è stato dichiarato giorno
festivo, perché corrisponde all’anno nuovo andino: il governo lo ha esaltato negli ultimi anni, ha creato
persino una moda: mettersi in posizione, con le mani aperte verso il primo sole
del 21, per riceverne energia. Sarà perché oggi giorno la cultura dell’energia
positiva/negativa è diffusa in massa in tutto il mondo (vedi abbracciare alberi
& C), però questo recupero (o invenzione) della tradizione entra bene nei patterns
della televisione e della cultura post-moderna transculturale, per questo
“acchiappa” le masse. Ma non tutti, però… Nel 2013, in questo giorno fatidico,
i guarany (presenti nel sud del paese) hanno dichiarato che non si riconoscono
in queste pratiche, imposte a tutto il paese dal Presidente e dal suo governo.
la bandiera boliviana dipinta su un volto (dal web) |
E’ un piccolo esempio di come il cammino è ancora lungo:
l’ideale dello Stato Plurinazionale è bellissimo, ma trovare gli equilibri
necessari per vivere un’unità nella pluralità è ancora una realtà distante.
Evo, nella nuova Costituzione, ha cambiato i tempi in cui un
Presidente può governare il paese, e così ha potuto ricandidarsi nel 2014, dopo
9 anni di leadership. Non è un caso isolato in America Latina: anche Venezuela
e Argentina permettono – dopo un cambio della Costituzione – governi lunghi,
sulla scia dell’eterno Fidel Castro in Cuba.
La campagna politica ufficialmente inizia un mese prima
dell’elezione, ma le battaglie a suon di parole e atti pubblici sono iniziate
molto tempo prima. Evo ha approfittato del suo ruolo di Presidente per
consegnare opere pubbliche di varia entità e per fare così la sua campagna 6
mesi prima delle elezioni: praticamente ha fatto il giro del paese numerose
volte, non mancava giorno senza la consegna di una o più opere, con relativo
discorso propagandistico. L’opposizione del “Movimiento sin miedo” (movimento
senza paura) ha da parte sua iniziato l’anno scorso tappezzando le città con
piccole strisce colorate che dicevano sibillinamente: “Ci sono persone con
paura e persone senza paura”, oppure: “Ci sono poliziotti con paura e
poliziotti senza paura”.
Arrivati a un mese dalle elezioni, la nostra zona si è
rivestita di bianco, azzurro e nero, i colori del MAS (movimento al socialismo)
di Evo, mentre pochi timidi accenni hanno colorato alcuni muri con il verde e
blu del Movimiento sin miedo.
12 ottobre: elezioni presidenziali. Evo vince e stravince,
anche nei dipartimenti più ostili al suo partito. Ci sono alcune proteste per
brogli elettorali, ma Evo vince. Già in marzo, ad un incontro con un esperto di
politica, ci dicevano che non c’erano dubbi sulla sua ri-ri-elezione. Alcuni
dicono che non arriverà alla fine del suo mandato, ma la stravittoria gli ha
dato una maggioranza assoluta pesante. Lasciamo che Evo lavori, che continui a
concretizzare il sogno di uno stato plurinazionale, e la sua storia, di povero
indio che ha sofferto e lottato tanto, sia una speranza per la nostra gente,
che poco per volta inizia ad alzare la testa e a sentirsi protagonista della propria
storia.
C’è un film sulla vita di Evo che testimonia il lungo e
doloroso cammino di quest’uomo, oggi presidente dello stato. Si chiama “Evo
pueblo” (Evo Popolo) e rispecchia bene come la gente lo sente: uno di loro,
vicino a loro. 8 novembre 2014: dopo meno di un mese dalla ri-ri-elezione, Evo
visita la nostra zona, inaugurando opere pubbliche. In questo giorno passa a
Belén, a 20 km da Vilacaya. Quasi tutti vanno a Belén, soffrono la fame e la
sete (non ci sono abbastanza venditori per sfamare la moltitudine, ma ritornano
tutti contenti: gli adolescenti, gli adulti e persino i vecchietti. “Nessun
presidente prima di Evo è venuto a visitarci! Sempre rimanevano nei palazzi del
governo. Evo è venuto a visitarci!!”.
Si capisce che il valore della visita del Presidente
significa dire alla sua gente: “Io sono con voi, siete degni della mia
attenzione” e le numerose opere (possibili per il tempo di bonanza del mercato
del minerale) sono rivolte in maniera particolare alla gente della periferia.
Auguri, Presidente! Continua a a dare dignità alla tua gente, che finalmente
può dirsi ascoltata e anche visitata.
Evo de nuevo
Reviewed by abconsolata
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