Leggi Buenos Aires: LA BOCA
Una bella improvvisata mi ha portato a La Boca, uno dei luoghi più caratteristici, pittoreschi e per questo turistici. Ma l'improvvisazione ha i suoi limiti: non ero preparata per l'incursione turistica, e non avevo con me la macchina fotografica. Peccato, è il posto più fotogenico che ho visto fino ad oggi qui in Argentina... pertanto, provo a trasmettervi attraverso la mia penna. Prima leggete La Boca, e poi cercatela su Google immagini, che trova milioni di foto di turisti entusiasti in pochi secondi.
Dopo aver parcheggiato abbastanza vicino al Caminito, raggiungiamo in fretta il cuore de La Boca. Le strade che abbiamo percorso per arrivare fino a lì, poco per volta ci hanno abituato a una Buenos Aires differente: le case sono rialzate, perché la zona si inonda facilmente, per la sua posizione bassa nei confronti del Rio de La Plata. E poi i colori, l'architettura: più vivi, più originali... Ma nulla in confronto a quello che ci aspetta all'ingresso del Caminito, una viuzza pedonale che inizia con il frontespizio di una casa dipinta di colori a dir poco sgargianti. Mi tolgo gli occhiali da sole: voglio lasciarmi colpire da queste tinte forti, quasi violente. Guardando bene, le case - che si chiamano conventillos - sono fatte di lamiere ondulate non solo nel tetto, ma anche nelle pareti. Ogni lamiera è dipinta di un colore diverso: giallo fosforescente, blu, verde... I conventillos erano le case degli immigrati che lavoravano nel porto. Ogni tanto arriva una zaffata dell' odore intenso che lasciano le acque e le navi. In questo momento non ce ne sono nella rientranza del porto.
Ad ogni angolo incontriamo una coppia di danzatori di tango, che invitano i turisti a fare una foto con loro, oppure venditori di dipinti che ritraggono un angolo de La Boca. Molti conventillos presentano dei fili tesi, con della roba stesa, ma è solo scena: ormai sono dei piccoli centri commerciali, con negozietti per turisti su più piani.
Si capisce al volo che è tutto artefatto, come le figure di cartapesta che si affacciano ai balconcini, e rappresentano personaggi popolati. Ormai il Caminito è un pezzo congelato, o meglio: imbalsamato, di un passato che non c'è più. Come un museo a cielo aperto per ricordare un'epoca particolare dell'Argentina: lo sbarco di migliaia e migliaia di migranti europei che cercavano "l'America" in Argentina.
C'erano italiani, tanti, soprattutto genovesi. Ma anche slavi, greci, turchi. Vivevano nella parte meridionale della città, dove il fiume Riachuelo sbocca nel Rio de la Plata, formando una "bocca", un'insenatura naturale, ottima per l'attività portuaria. Prima erano gli schiavi, di origine africana, che popolavano la zona. Poi la schiavitù è stata abolita, e sono arrivate altre braccia a basso costo, spinte dalla fame e dalla voglia di futuro.
Leggiamo che i colori forti usati per le case, all'epoca erano i piccoli avanzi della vernice usata per le navi: erano le poche risorse dei poveri marinai stranieri. Ma non riesco a credere che la scelta "cromatica" sia solamente un fattore dovuto alla povertà. A me pare che sia una scelta estetica, sia arte, sia il risultato dell'animo umano quando sa elevarsi, sa trascendersi. Poveracci, sì, ma non animali. Uomini e donne che lottavano contro il fiume che si ingrossava e inondava frequentemente le case; che sudavano nel lavoro duro del porto, che soffrivano la lontananza da casa e la difficoltà dell'esprimersi in un'altra lingua. Eppure in questo ambiente sono sorte espressioni artistiche di grande successo: il tango, pittori come il Quinquela, poeti in lunfardo... Queste case sono un monumento in onore alla vita che si eleva ad di sopra del grigiore, e impone i colori vivi della speranza.
"Ormai è diventata talmente commerciale La Boca, che noi del posto non riusciamo più a gustarlo..." ci dice Silvia, che ci ha accompagnate. Non ha finito di parlare, che arriva una comitiva di statunitensi, subito presi di mira dai ballerini di tango...
Un ambiente congelato, imbalsamato, appartenente ad un passato che non cè più, scrivevo poco sopra. Ma è una situazione che si ripete oggi in Argentina come altrove: favelas, barrios, slums, baraccopoli... Eppure non è questo che impedisce di essere umani e, per questo, profondamente artisti.
Dopo aver parcheggiato abbastanza vicino al Caminito, raggiungiamo in fretta il cuore de La Boca. Le strade che abbiamo percorso per arrivare fino a lì, poco per volta ci hanno abituato a una Buenos Aires differente: le case sono rialzate, perché la zona si inonda facilmente, per la sua posizione bassa nei confronti del Rio de La Plata. E poi i colori, l'architettura: più vivi, più originali... Ma nulla in confronto a quello che ci aspetta all'ingresso del Caminito, una viuzza pedonale che inizia con il frontespizio di una casa dipinta di colori a dir poco sgargianti. Mi tolgo gli occhiali da sole: voglio lasciarmi colpire da queste tinte forti, quasi violente. Guardando bene, le case - che si chiamano conventillos - sono fatte di lamiere ondulate non solo nel tetto, ma anche nelle pareti. Ogni lamiera è dipinta di un colore diverso: giallo fosforescente, blu, verde... I conventillos erano le case degli immigrati che lavoravano nel porto. Ogni tanto arriva una zaffata dell' odore intenso che lasciano le acque e le navi. In questo momento non ce ne sono nella rientranza del porto.
Ad ogni angolo incontriamo una coppia di danzatori di tango, che invitano i turisti a fare una foto con loro, oppure venditori di dipinti che ritraggono un angolo de La Boca. Molti conventillos presentano dei fili tesi, con della roba stesa, ma è solo scena: ormai sono dei piccoli centri commerciali, con negozietti per turisti su più piani.
Si capisce al volo che è tutto artefatto, come le figure di cartapesta che si affacciano ai balconcini, e rappresentano personaggi popolati. Ormai il Caminito è un pezzo congelato, o meglio: imbalsamato, di un passato che non c'è più. Come un museo a cielo aperto per ricordare un'epoca particolare dell'Argentina: lo sbarco di migliaia e migliaia di migranti europei che cercavano "l'America" in Argentina.
C'erano italiani, tanti, soprattutto genovesi. Ma anche slavi, greci, turchi. Vivevano nella parte meridionale della città, dove il fiume Riachuelo sbocca nel Rio de la Plata, formando una "bocca", un'insenatura naturale, ottima per l'attività portuaria. Prima erano gli schiavi, di origine africana, che popolavano la zona. Poi la schiavitù è stata abolita, e sono arrivate altre braccia a basso costo, spinte dalla fame e dalla voglia di futuro.
Leggiamo che i colori forti usati per le case, all'epoca erano i piccoli avanzi della vernice usata per le navi: erano le poche risorse dei poveri marinai stranieri. Ma non riesco a credere che la scelta "cromatica" sia solamente un fattore dovuto alla povertà. A me pare che sia una scelta estetica, sia arte, sia il risultato dell'animo umano quando sa elevarsi, sa trascendersi. Poveracci, sì, ma non animali. Uomini e donne che lottavano contro il fiume che si ingrossava e inondava frequentemente le case; che sudavano nel lavoro duro del porto, che soffrivano la lontananza da casa e la difficoltà dell'esprimersi in un'altra lingua. Eppure in questo ambiente sono sorte espressioni artistiche di grande successo: il tango, pittori come il Quinquela, poeti in lunfardo... Queste case sono un monumento in onore alla vita che si eleva ad di sopra del grigiore, e impone i colori vivi della speranza.
"Ormai è diventata talmente commerciale La Boca, che noi del posto non riusciamo più a gustarlo..." ci dice Silvia, che ci ha accompagnate. Non ha finito di parlare, che arriva una comitiva di statunitensi, subito presi di mira dai ballerini di tango...
Un ambiente congelato, imbalsamato, appartenente ad un passato che non cè più, scrivevo poco sopra. Ma è una situazione che si ripete oggi in Argentina come altrove: favelas, barrios, slums, baraccopoli... Eppure non è questo che impedisce di essere umani e, per questo, profondamente artisti.
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Reviewed by abconsolata
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