La Madonna che parla guaraní
l'immagine della Madonna di Itatí |
Era tempo che avevamo sognato questo pellegrinaggio, ma le
cose sono cambiate così tante volte, che io avevo perso la speranza, anche
perché non sapevo se sarei ritornata in Chaco, in seguito alla mia scappata a
Buenos Aires per rinnovare il visto. Ma le cose si sono aggiustate, e così,
lunedì 19 novembre, siamo partite: Gabriella, Joan, Remija, Camila ed io, con
il cielo grigio che minacciava pioggia. In effetti, l’acqua benedetta del cielo
(in un luogo arido, è sempre la benvenuta) non si è fatta aspettare, e ci ha
accompagnato quasi per tutto il viaggio fino a Itatí, circa 300 km (poi il
tempo è migliorato, fino a rasserenarsi del tutto nel pomeriggio).
arrivo a Itatí con la pioggia |
Itatí è un paesino nella campagna della provincia di
Corrientes. Il paesaggio cambia: appaiono molti alberi di mango, papaya, e
altri frutti tipici del clima tropicale. Qui si parla diffusamente il guaraní,
una lingua originaria parlata in molti paesi del Sud America (è lingua
nazionale, insieme al castellano, nella repubblica del Paraguay).
Il Santuario di Itatí è piuttosto maestoso, in proporzione
alle sue dimensioni: è stato costruito per volere e opera di Don Orione, che si
sentì chiamato a costruire un tempio degno per la Madre Maria. Si sviluppa in
altezza, culminando con una cupola estesa e alla sua sommità, ecco una statua
bronzea della Madonna; l’impressione che mi ha dato, ponendomi di fronte alla
facciata, era di una pianta quadrata. In realtà, vi è anche uno sviluppo in
profondità, che si percepisce solo entrando: al fondo, la Vergine Maria aspetta
i pellegrini… dando le spalle! Infatti, bisogna salire al Camarín de la Virgen,
uno spazio rialzato, nell’abside, per poterla salutare faccia a faccia. Questo
spazio è molto raccolto, e la gente realmente prega e incontra la Madonna.
lo spazio absidale è riservato alla preghiera |
Entrando nel Santuario, ci rendiamo conto che le Messe della
mattina sono già state celebrate: peccato, non potevamo arrivare prima… Ci
posizioniamo nel Camarín e ciascuna di noi fa la sua preghiera. Dopo poco,
entrano alcuni uomini, che hanno la faccia da preti o religiosi. Anche loro si
siedono e pregano in silenzio, poi uno si alza e inizia a preparare l’altare:
sono un gruppo di salesiani in pellegrinaggio che – per la serie “Come è
piccolo il mondo” – conoscono bene le nostre suore di Palo Santo. E così, ci
sentiamo realmente coccolate da Dio, che pure ci regala una Messa a sorpresa…
il maestoso santuario visto dalla piazza antistante |
Dopo la preghiera e la celebrazione eucaristica, ci
spostiamo al Paraná, quell’immensa massa acquea che chiamano fiume, ma che per
me e suor Camila, abituate al fiumiciattoli di montagna delle Api e delle Ande,
è un mare, se non un oceano! Un altro santuario alle rive di un fiume, come
Luján (vedi post del 27/01/2012) e Aparecida in Brasile. La differenza, qui, è che la
statua non è una “piccoletta” di argilla come le altre due appena citate: è
lignea, le mani sono di timbó e il viso di nogal, due alberi tipici della zona.
Con il tempo l’immagine ha subito variazioni e ritocchi, ma è rimasta con la
sua originalità: i suoi capelli neri, la luna ai suoi piedi, e l’abito azzurro
e bianco.
Intorno a lei sono dipinti uomini, donne e bambini
aborigeni, in atteggiamento di venerazione. E’ bello constatare come in America
Latina la Madonna ha voluto farsi vicina della popolazione originaria: in
Guadalupe ha assunto persino i suoi tratti somatici.
Che la Madonna, con il suo esempio ripetuto, aiuti anche
noi, Chiesa di Cristo, a farci sempre vicini agli ultimi del continente…
foto alle rive del gigantesco fiume Paraná |
La Madonna che parla guaraní
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