Delizie dell' Altipiano: la tuna
Nell’austero paesaggio altipianico la vegetazione è scarsa,
e prevalentemente costituita da piante spinose: cactus di varie forme e
dimensioni, il churqui (leggi: ciurchi), che è un piccolo alberello dai rami
spinosi, e la tuna, cioè il fico d’India, che molte famiglie coltivano attorno
alla propria casa o nei campi. Anche noi sorelle ne abbiamo alcune piante, e
siccome è facile riprodurle (basta tagliare una foglia e piantarla nella
terra), le abbiamo moltiplicate, sperando negli anni di aumentare anche i
frutti!
La pianta della tuna è molto semplice e allo stesso tempo riesce
a creare forme stravaganti, con le sue foglie che crescono cambiando
inaspettatamente la direzione. All’inizio della primavera, poi, quando ancora
le piogge sono una speranza, la tuna si risveglia: crescono dei pompon
pelosi/spinosi, che con i giorni possono svilupparsi in forme appiattite (sono
le nuove foglie) o mantenendo una linea arrotondata: sono i frutti. Sopra
questi ultimi si apre un bellissimo fiore giallo che dura uno, al massimo due
giorni; quindi scompare e lascia che il frutto cresca piuttosto velocemente.
Siamo in settembre/ottobre, ma bisogna aspettare marzo/aprile per assaporare
l’intenso dolce del frutto, anche se prima di mangiare bisogna… raccogliere!
Sembra una cosa ovvia, ma quando si tratta del fico d’India, bisogna ingegnarsi
per la raccolta, poiché le sue piccole spine sono terribilmente rognose:
piccole e dolorose allo stesso tempo, quando si conficcano nella pelle della
mano, è impossibile toglierle tutte, perciò bisogna conviverci per un tempo.
Anche la tuna ha una interessante leggenda sulla sua
origine, bisogna risalire ai tempi del mitico impero, quando valorosi soldati
servivano l’Inca fino a dare la vita. Era famosa la truppa di un comandante
particolarmente coraggioso e fedele all’Imperatore, in quei tempi in cui si
sparse la notizia di un terribile e gigantesco serpente che assoggettava
un’intera regione. Fu chiamato proprio lui con il suo gruppo di abili guerrieri
per combattere il mostro: lo trovarono in una grotta, e presto scoprirono qual
era la sua forza: riusciva a ipnotizzare le sue vittime e a imprigionarli senza
difficoltà. Uno a uno i soldati furono mangiati alla vista del povero
comandante, fin che rimase l’ultimo uomo nelle grinfie della bestia.
Fu allora che gli dèi ebbero pietà, e lo trasformarono in una pianta completamente ricoperta di spine che l’orribile serpente non poté sbranare: da questa pianta nacque la tuna, il frutto dal sapore dolce e intenso che rallegrava la mensa dell’Impero Inca e ancor oggi addolcisce il palato dei quechua, degni eredi del glorioso impero.
Delizie dell' Altipiano: la tuna
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