Imaynalla?
Lo avevamo detto già prima di arrivare a Vilacaya: sarà
importante conoscere il quechua per parlare con la gente. Lo abbiamo capito dal
poco che le sorelle avevano intuito, visitando il luogo, e anche perché il
Fondatore nostro, il Beato Giuseppe Allamano, dava molta importanza allo studio della lingua locale, per poter
vivere una missione come relazione significativa con la gente.
Però, adesso che stiamo vivendo il nostro cammino di vita e
annuncio in Vilacaya, non solo lo supponiamo, di più: ne constatiamo l’urgenza!
La prima, grande esperienza della nostra povertà linguistica, è stata quando
passò una vecchietta e bussò alla nostra porta. Non proferiva nemmeno una parola
di castellano, e abbiamo dovuto correre al negozio di Doña Eva per una
traduzione istantanea. Al finale della storia, voleva venderci uova, che in
quechua si chiamano: runtu…
Davanti alla scuola sventolano le tre bandiere: la wipala (ei popoli nativi), la boliviana e la potosina |
La musica andina è molto bella, e in Bolivia il repertorio
di canti liturgici è ricco di composizioni in runa simi, con ritmi
tradizionali. In Parrocchia abbiamo il canzoniere liturgico, e grazie a Dio
ogni tanto vengono Diego e Rodrigo, che ci aiutano a suonare e propongono canti
in quechua per la Messa.
E così, un po’ sbirciando le grammatiche che abbiamo
scaricato da internet, un po’ imparando canti e cercando di tradurli, iniziamo
il nostro cammino di bimbe. Sì, perché come dice il proverbio Makua:
la signora Mercedes, mentre prega in quechua |
“Quando si
è stranieri, si ritorna bambini”… Bisogna imparare a camminare al passo con la gente,
e anche saper salutare quando incontriamo qualcuno. Beh, fino lì già ci siamo
arrivate: il saluto tradizionale è: “Imaynalla?” che significa: “come stai?”. E
la risposta? “Walejlla” che significa: “Bene!”
Imaynalla?
Reviewed by abconsolata
on
01:30
Rating:
Nessun commento: