Coca e cocaina
La coca mi dà il
benvenuto al mio arrivo
Uno dei primi sensi toccati al mio arrivo in Bolivia è stato
l’olfatto. Era notte, non potevo nemmeno ammirare il paesaggio, mentre
viaggiavo dentro il pick up di P. Mario. Stanca morta per il lungo viaggio che
da Buenos Aires ci ha portate in Bolivia, ero mezza anestetizzata dal sonno,
quando una zaffata di odore intenso mi investe: P. Mario aveva aperto la
borsetta della coca e iniziava a masticare, per mantenersi sveglio durante la
guida. E così, la coca mi ha dato il “benvenuta” a nome di tutto il paese che
in lei riconosce un simbolo importante.
Prima di partire per la Bolivia, c’erano persone in Italia
che sorridevano maliziose e mi dicevano: “Adesso te ne andrai a masticare
coca…” e con esso quasi mi volevano dire che intraprendevo il cammino della
droga. Bene, la verità è che ora la coca la mastico, come fa tutta la gente
dell’Altipiano boliviano, e se non ci fosse, dovrei ricorrere a farmaci contro
il mal d’altura…
foglie di coca, pronte per la tisana |
Coca: un dono della
Provvidenza
Bisogna venire in Bolivia per capire l’abissale differenza
tra coca e cocaina. La coca è un “santo remedio” che il buon Dio ha regalato
alla gente povera e sofferta dell’Altipiano: regola la pressione, dà energie
(come il caffè e gli altri eccitanti), aiuta a superare il mal di testa, la
foglia si può applicare sulle ferite… insomma, una panacea. Più conosco luoghi
austeri e difficili da vivere, più mi accorgo come la Provvidenza ha dato i
mezzi per superare la scarsità di risorse (vedi l’albero delle caramelle, per i
bimbi dell’Impenetrabile Chaqueño (post del 5 marzo), vedi la coca per la gente
dell’Altipiano).
Per le sue proprietà farmaceutiche, la coca è considerata
una pianta sacra, e nella preghiera inculturata la si mastica, come un gesto
stesso del pregare. Non è vero che ha effetti allucinogeni, non è droga la
coca! Però è vero che esiste la cocaina, e allora… vediamo l’altra faccia della
medaglia.
Cocaina: l’altra
faccia della medaglia
“Hermanas, quando comprate la coca, chiedete sempre la
“Paceña de yunga”. Ci è voluto un po’ di tempo per memorizzare il consiglio di
suor Eva, la nostra amica carmelitana, ma col tempo, conoscendo un poco la
geografia e la situazione sociale della Bolivia, adesso è tutto chiaro: nelle
valli di La Paz, che degradano fino a trovare il clima tropicale della parte
bassa, si coltiva coca molto fine: le foglie sono più piccole, meno aspre, e il
sapore è più delicato. Questa è la coca che si mastica. Invece, scendendo da
Cochabamba alle valli tropicali, si arriva al Chapare, dove pure si coltiva
coca, ma è un tipo grossolano, forte. “Nemmeno gli abitanti del Chapare
masticano queste foglie, non sono gradevoli al palato. Questa è la coca che si
usa per fabbricare droga”.
Non ci siamo ancora abituate al fatto che, per far benzina,
dobbiamo fare 35 km per arrivare al primo distributore, e che, per di più, è
proibito comprare combustibile in taniche: è una misura contro la produzione di
droga, vigente anche in Colombia. Però, a parte questa legge antidroga, è vero
che lo stato ammette e non ammette: Evo Morales, cocalero di origine, ha sempre
combattuto perché la coca fosse legalizzata, e in questi ultimi mesi ha
ottenuto un riconoscimento internazionale dell’ONU, per l’uso legale della
coca. Un bel traguardo per la cultura boliviana! Un impegno sul fronte della
coca, e un’ azione poco diretta contro il narcotraffico.
Ritornando in Argentina ad aprile, abbiamo dovuto aprire i nostri
bagagli due volte, e la gendarmeria argentina (la guardia di finanza da queste
parti), ha persino aperto il vano motore del pullman, per vedere se dentro
c’era droga (o prodotti di contrabbando, in linea con la politica autarchica
della Presidente argentina Kristina ). Ben sapendo che la droga ha altri
percorsi, altre traiettorie più sicure… Però tutti devono pagare, soprattutto
le mamme con i bimbi piccoli, che facevano la coda con la wawa in braccio che
piangeva…
Coca e cocaina
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