Guarda, vedi, tocca, annusa, gusta la missione!

Diario di un viaggio IN TUTTI I SENSI

Un viaggio di 24 ore che mi ha portato all'estremo nord argentino, nella provincia di Formosa, a 1500 km da Buenos Aires. Un viaggio che ha il sapore di un pellegrinaggio e allo stesso tempo mi ricorda che la vita stessa è un viaggio...



Mercoledì 14 marzo, ore 17. 
Dopo la tradizionale benedizione alle partenti, regalataci dalla comunità di casa regionale, entriamo nel taxi che porta noi (suor Remija, suor Camila ed io) e i bagagli alla fermata “Las Piedras”, mentre la radio sta trasmettendo notizie. Non ci faccio caso piú di tanto, quando annunciano blocchi stradali da parte di manifestanti, in capitale.
Arriviamo presto al terminal dei micro (cosí chiamano i pulman a lunga distanza, mezzi a due piani lunghi lunghi, che di piccolo/micro non hanno proprio niente). E´impressionante la frequenza dei bus: ne arriva uno ogni due-tre minuti, diretti ad ogni parte dell’Argentina. Ad ogni micro, chiedo a suor Camila dove sono i luoghi indicati come capolinea. Una bella lezione di geografia per me, e un’ interrogazione a sorpresa per lei, che comunque se la cava molto bene. Sono coloratissimi, molti raffigurano le meraviglie naturali che la regione a cui sono diretti offre ai turisti. Per esempio, quelli con destinazione Misiones, presentano le cascate di Iguazú e la natura lussureggiante della zona. Altri le nevi delle Ande, o il verde della Patagonia.
Scopriamo presto che i micro sono tutti in ritardo, alcuni anche di mezz’ora, e questo a causa delle manifestazioni in capitale. Un velo di delusione scende sui nostri volti: dobbiamo fare un viaggio così lungo… ma siamo abbastanza fortunate: il ritardo è solo di 25 minuti.

A bordo
Il micro è bellissimo: si chiama “águila dorada bis”. I sedili sono in simil pelle nera, molto confortevoli, c’è persino un aggeggio per appoggiare le gambe in posizione “semiletto”. Profuma di pulito, come in effetti lo è.  
Ci mettiamo parecchio ad uscire dall’area urbana che si é sviluppata attorno a Buenos Aires: da Moreno andiamo a San Miguel, poi a José C. Paz, quindi a Malvinas Argentinas, e quando arriviamo a Pilar il sole ormai si sta nascondendo all’orizzonte. Alle volte le fermate che raccolgono gli altri passeggeri sono abbastanza prolungate, accogliamo persino i viaggiatori di un micro che ha problemi tecnici e non può continuare il suo percorso. L’autista e lo steward mettono musica per intrattenerci, la loro scelta cade su una lunga compilation di cumbia. Generalmente sono canzoni  in cui l’uomo di turno parla male della donna che lo fa soffrire. Dopo un’ora, la testa e le dita della mano battono automaticamente il tempo della musica. Poi, improvvisamente, mettono un brano di rock made in USA che ci sorprende e per questo ci ridesta un pochino.
Verso le dieci, ci danno la cena, sicuramente il menù è stato pensato da una casa farmaceutica che vende medicine contro il colesterolo: polpette fritte, crocchette di patate (fritte), persino una piccola empanada fritta, una foglia di lattuga (penso per equilibrare i grassi con un po’ di fibra vegetale...) e un pezzetto di creme caramel. Sono le dieci di sera, perció lo stomaco fa in fretta ad accogliere tutte queste prelibate schifezze. Gli ultimi ricordi prima di chiudere gli occhi e sonnecchiare sono i piumini che crescono spontanei al bordo della strada. Qui sono nel loro ambiente naturale, ma a me ricordano tanto casa, dove papà e mamma avevano piantato un cespuglio di questo arbusto nel giardino...

Notte di viaggio
Mi sveglio e mi addormento varie volte, e tengo la percezione di non dormire quasi niente, però mi lascio sorprendere dal sole che sorge, segno che qualche ora continuata di sonno l’ho avuta. Ormai ci troviamo in un ambiente rurale, con poche case e grandi estensioni di terra incolta. Alberi e arbusti non tanto alti si susseguono a tratti in piccoli boschetti, a tratti in gruppi isolati. Tutto è verde, segno che ha piovuto da poco, dopo una lunga stagione secca.
Ho ancora sonno, sono solo le sei, perció chiudo gli occhi per un momento, solo un momentino... Mi sveglio a Resistencia (capitale del Chaco) che sono le otto. Vicino al mio sedile c’é la macchina del caffé, che mi invita con un profumo delizioso. Difficile resistere a una tale tentazione, perció... mi alzo e – dopo aver lottato eroicamente con il dispenser dei bicchierini, che sembrava ostacolare il loro uso piuttosto che distribuirli – mi merito un buon caffè. Sì, questo ci voleva, per cominciare il giorno, un giorno che sarà occupato quasi totalmente dal viaggio verso Palo Santo.

Nel Chaco
Devo rimangiarmi alcune parole: non è vero che qui non ci sono più i piumini, però è vero che sono meno… Costeggiamo un lungo tratto della ferrovia abbanonata. L’orizzonte è piatto: più spingi lo sguardo, più trovi pianura. Ogni tanto appaiono piccoli gruppi di bovini che pascolano e nel cielo dei volatili abbastanza grandi, tra cui anche dei rapaci. Un negozio, in uno dei centri in cui passiamo, ha un cartello che ne raffigura uno, e dice: "Il falcone". Deve essere un uccello tipico della zona.
Arriviamo a Saenz Peña con due ore di ritardo. Lì ci aspettano suor Maria Dolores e il signor Oscar con il pick up. Ci aspetta ancora un'ora e mezza di viaggio fino a Castelli, e poi lì ci divideremo: suor Remija e suor Camila, insieme a suor Maria Dolores e Oscar, andranno a ovest, nell'impenetrabile chaqueño. Io andrò a est, nella provincia di Formosa, insieme a suor Hannah e suor Primarosa, che ci aspettano a Castelli. 
La strada è drittissima, non c'è una curva, incredibile! Purtroppo, foriamo, e ci mettiamo 45 minuti circa a cambiare la ruota. Si fermano due pick up offrendo aiuto, ma Oscar pare convinto di non aver bisogno di nessuno. 

cambio gomma!

Verso Palo Santo
A Castelli suor Hannah e suor Primarosa ci aspettano da circa mezz'ora. Ci salutiamo rapidamente, e continuiamo il cammino, dapprima su una strada asfaltata non buona, poi su uno sterrato decisamente migliore. Quindi ci immettiamo su una strada asfaltata bella, che ad un certo punto attraversa un fiume abbastanza grande. Suor Hannah mi dice che si chiama rio Bermejo, fiume che divide la provincia del Chaco da quella di Formosa.

ditemi se questa strada non è diritta!


Sonnecchio un pochino, le sorelle mi offrono cibo e un mate molto buono, aromatizzato con erbe. Mi sembra di assaporare la terra... non significa che se mangiassi la terra avrebbe lo stesso buon sapore, ma è come gustare ciò che il mio naso annuserebbe se passassi in un campo erboso.
Arriviamo a Palo Santo alle 16,30, dopo quasi 24 ore di viaggio. L'accoglienza delle sorelle è ottima, come sempre.

Sesto senso del viaggio 
Durante le fermate del micro, vedevo dal finestrino la gente che si salutava: chi si lasciava, chi si incontrava chissà dopo quanto tempo. E pensavo a come il viaggio è un' immagine che parla molto della vita di ciascuno: incontri, addii...
Dopo una doccia rigeneratrice, vado a Messa nella cappella della Consolata: lì c'è il Santissimo esposto: Lui già c'è, e mi sta aspettando. E la Consolata pure: è lì, insieme a suo Figlio, anche lei a braccia aperte. Anche questa è una bella immagine della vita, quando si scopre che c'è Qualcuno che da sempre ti cerca e ti aspetta. Un Dio che è Dio-con-noi e perciò dissipa la tenebra della solitudine. A molti missionari e missionarie della Consolata è capitato di arrivare per fondare una missione, e lì già trovare un'immagine della Vergine Consolata. Per esempio, è successo ai missionari quando sono arrivati a San Paolo, in Brasile. Mi piace pensare che sono sullo stesso piano: a 13 ore di aereo dall'Italia, a 1500 km da Buenos Aires, ma sempre e ovunque il Signore si rivela come Colui che c'è.


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