Dopo la tempesta... la quiete?
Mercoledì 3 aprile 2012: mi preparo per l'ennesimo viaggio, questa volta verso Mendoza. Nel pomeriggio c'è un caldo soffocante, più del solito. Iniziano a sfolgorare nel cielo frequentissimi lampi, il corpo sente la tensione atmosferica. Siamo indecise: andiamo in macchina o a piedi fino al terminal dei micro? Decidiamo di andare a piedi. Appena arrivate, si scatena il finimondo: il vento fortissimo mette alla prova i cartelli dei negozi, poi arriva la pioggia, violenta... Il mio micro arriva con un'ora di ritardo: usciti da Moreno, però, ci allontaniamo da quella che, lo diranno i TG nei giorni seguenti, è stata una tempesta tropicale di forte intensità...
La tempesta per i poveri
Alle case di media/alta qualità, la tempesta tropicale non ha fatto molto danno, al massimo ha alzato qualche lamiera sul tetto. Ci sono stati disguidi per la mancanza di acqua, elettricità e telefono, che dopo alcuni giorni sono stati riattivati. Però, per chi vive in case precarie, ha significato perdere tutto o quasi.
Le sorelle della comunità di Merlo, insieme ai Laici Missionari della Consolata, si sono subito recati per vedere e hanno trovato un gran disastro. Insieme alle altre Chiese presenti, si sono organizzate "pentole popolari", cucinando per le persone colpite in grossi pentoloni il guiso, la minestra.
No, grazie...
"No, hermana... non voglio i materassi: dalli a quella famiglia a cui il fango ha rovinato tutto: io i miei li metto al sole ad asciugare e ci arrangiamo..." dice la signora, quando le si offrono dei materassi per la sua famiglia. Non è un caso isolato, molte persone hanno rinunciato agli aiuti arrivati dalla Caritas e dal comune, pensando alle persone che avevano meno di loro. Un Vangelo vivente che grida forte a tutti noi...
Vento crudele
Mercoledì 6 giugno. Mi trovo nella comunità di Merlo Norte. Siamo in pieno inverno, il cielo è grigio, e soffia un vento gelido, minacciando pioggia. Con suor Irma vado al barrio: non ci ero più andata, dopo la calamità di aprile. Tutto è molto diverso: molte case non ci sono più, al suo posto ci sono case in legno prefabbricate, o muri in costruzione. Alberi molto grandi sono stati divelti e sono rimasti coricati, con un'immensa zolla di terra ancora attaccata alle enormi radici: segno della forza del vento.
Il comune e la provincia ha dato fondi, così come le sorelle, la parrocchia, la caritas diocesana continuano ad aiutare nella ricostruzione. Ma se le case si possono aggiustare, per certe ferite ci vuole molto tempo. Oggi, con questo freddo e questo vento forte e crudele, riaffiora la paura, e i bimbi di mettono a piangere. "Ogni volta che c'è il vento, i bimbi piangono..." ci dice una mamma sola, con tre figli piccoli.
Un signore, al ricordare quella tremenda notte, non si vergogna di piangere davanti a noi.
"Questa forte esperienza ci ha molto avvicinato alla gente" ci dicono i laici missionari della Consolata, che da un anno lavorano nel barrio con le suore e padre Rubén. E avvicinandosi, si scoprono realtà tristi, e anche realtà in cui la dignità umana brilla in tutto il suo splendore, come quella di una mamma che non accetta la borsa piena di alimenti: "Io un po' di latte ai miei piccoli posso darlo: date questi alimenti a chi non ha nulla".
La tempesta per i poveri
Alle case di media/alta qualità, la tempesta tropicale non ha fatto molto danno, al massimo ha alzato qualche lamiera sul tetto. Ci sono stati disguidi per la mancanza di acqua, elettricità e telefono, che dopo alcuni giorni sono stati riattivati. Però, per chi vive in case precarie, ha significato perdere tutto o quasi.
Le sorelle della comunità di Merlo, insieme ai Laici Missionari della Consolata, si sono subito recati per vedere e hanno trovato un gran disastro. Insieme alle altre Chiese presenti, si sono organizzate "pentole popolari", cucinando per le persone colpite in grossi pentoloni il guiso, la minestra.
No, grazie...
"No, hermana... non voglio i materassi: dalli a quella famiglia a cui il fango ha rovinato tutto: io i miei li metto al sole ad asciugare e ci arrangiamo..." dice la signora, quando le si offrono dei materassi per la sua famiglia. Non è un caso isolato, molte persone hanno rinunciato agli aiuti arrivati dalla Caritas e dal comune, pensando alle persone che avevano meno di loro. Un Vangelo vivente che grida forte a tutti noi...
Mercoledì 6 giugno. Mi trovo nella comunità di Merlo Norte. Siamo in pieno inverno, il cielo è grigio, e soffia un vento gelido, minacciando pioggia. Con suor Irma vado al barrio: non ci ero più andata, dopo la calamità di aprile. Tutto è molto diverso: molte case non ci sono più, al suo posto ci sono case in legno prefabbricate, o muri in costruzione. Alberi molto grandi sono stati divelti e sono rimasti coricati, con un'immensa zolla di terra ancora attaccata alle enormi radici: segno della forza del vento.
pareti recentemente ricostruite e resti delle vecchie case |
Un signore, al ricordare quella tremenda notte, non si vergogna di piangere davanti a noi.
"Questa forte esperienza ci ha molto avvicinato alla gente" ci dicono i laici missionari della Consolata, che da un anno lavorano nel barrio con le suore e padre Rubén. E avvicinandosi, si scoprono realtà tristi, e anche realtà in cui la dignità umana brilla in tutto il suo splendore, come quella di una mamma che non accetta la borsa piena di alimenti: "Io un po' di latte ai miei piccoli posso darlo: date questi alimenti a chi non ha nulla".
Dopo la tempesta... la quiete?
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