Guarda, vedi, tocca, annusa, gusta la missione!

Che spavento!

Alberto (così chiameremo il nostro protagonista) è un ragazzotto di 10 anni, alto e sveglio, che dimostra per lo meno due anni in più. Uno di quei piccoli grandi che fa sempre domande intelligenti e alle volte ti sorprende con affermazioni sapienti da adulto. Alberto ha però una salute non propriamente di ferro, si ammala con frequenza e sua mamma Marianna (così chiameremo la nostra protagonista) si dispera e si preoccupa assai.
Per la festa della patria, il 6 agosto, Alberto si è impegnato molto, forse troppo: lo stress da esibizione (era uno dei ballerini della morenada) lo ha fatto ammalare, questa volta con una specie di sfogo allergico che gli ha fatto gonfiare il braccio. Marianna lo ha portato subito all’ambulatorio medico, ma niente da fare: qualsiasi tipo di terapia non sortiva l’effetto desiderato. E così, da buona quechua, la mamma premurosa lo ha portato da un yatiri, un medico tradizionale.


un yatiri con l'incenso
 “L’animo si è spaventato, bisogna richiamarlo perché si è allontanato troppo dalla persona” questa la diagnosi che il yatiri ha saputo leggere dalle foglie di coca. E così, usando un indumento del ragazzo, ha richiamato l’animo con l’incenso, con un campanello e implorando il suo ritorno. Dopo poco tempo, Alberto è guarito.
Ogni cultura, ogni filosofia usa immagini per spiegare che cos’è la persona. La corrente platonica parlava di tre componenti: il corpo, la psiche e l’anima, quest’ultima imprigionata dentro il primo (immagine che per secoli anche il cristianesimo ha adottato, disprezzando il corpo e privilegiando l’anima). Oggi si ha un’idea più integrata di tutte le parti, per cui il corpo risente della psiche, e a livello teologico/soteriologico/morale si considera il corpo come l’elemento primo e imprescindibile per la vita morale e per la stessa salvezza. Le culture orientali usano altre immagini, e la cultura quechua ha elaborato le sue: l’idea della persona è di un corpo e di un’animo/ombra che vive non nel corpo, bensì a poca distanza (proprio come l’ombra). La malattia è considerata come un allontanamento dell’animo, che, per così dire, perde il corpo a cui è legato. Per questo il yatiri elabora rituali (ogni yatiri ha le sue tecniche, che sviluppa con l’esperienza e l’esperienza spirituale) per richiamare l’animo al suo corpo. Notate che non parlo di anima: nella visione antropologica quechua l’anima è la persona defunta, lo spirito libero dal corpo dopo la morte.

la lettura della coca
Uno può crederci o meno, ma i casi di malattie che i dottori non sanno curare (al massimo riescono ad alleviare il dolore) sono frequenti: il caso di Alberto non è eccezionale. Anche la pazzia è considerata come un allontanamento drastico dell’animo/ombra. Non so se vi ho già raccontato l’esperienza di Padre Simon Pedro, in Chucuito: l’opera sua come sacerdote insieme al yatiri ha potuto calmare le crisi di un ragazzo schizofrenico che turbava tutta la comunità e in particolare la sua famiglia.
Generalmente il yatiri usa simboli cattolici e preghiere cristiane nei suoi rituali, per quanto riguarda il richiamo dell’animo/ombra ci sono diversi tipi di gesti e parole, generalmente il medico tradizionale cerca di stimolare tutti i sensi del corpo e dell’animo, affinché quest’ultimo ritorni e riconosca il corpo a cui è legato. Per questo si usa l’incenso (il cui profumo stimola l’olfatto), il cibo (anche in senso rituale: l’offerta che si brucia è considerata come un alimento) per il gusto, una campanella per l’udito, un indumento per il tatto. Alle volte usa specchi, nei quali l’animo deve riconoscere il suo corpo. in altre occasioni il yatiri dice al malato che deve specchiarsi in un calice della Messa. Così è successo una volta in Otavi: non c’era il padre e nemmeno il diacono, siamo andate noi suore a fare la celebrazione della Parola, e prima di iniziare arriva una vecchietta, stanca per aver camminato tante ore, e chiede di poter specchiarsi nel calice, perché così ha ordinato il yatiri. Il Padre Julian ha integrato alla Messa questo gesto di guarigione: fa sedere nella prima fila i malati, e poi passa con il calice, prima dell’offertorio, perché tutti lo guardino.

Calixto, diacono permanente della Chiesa Cattolica
e yatiri: un uomo sapiente che sa armonizzare la cultura ancestrale e la fede
(nella foto con sua moglie Encarnacion)
Le cause di questo allontanamento possono essere emotive (quello che comunemente chiamiamo spavento/stress), ci sono anche luoghi non positivi, soprattutto posti umidi e con acqua, ed esseri cattivi che fanno del male alle persone.
Santina (così chiameremo la nostra) ha pianto molto sotto un albero, nelle cui vicinanze accendeva il fuoco per fare la minestra, si è ammalata, ed il yatiri le ha ordinato di non più avvicinarsi a quel luogo.

Potete crederci o no, ma qui le cose esistono, sono proprio così…
Che spavento! Che spavento! Reviewed by abconsolata on 01:30 Rating: 5

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