L'infinito circolo (virtuoso?)
Bussano alla porta, e suor Maria Elena va ad aprire: c’è
Basilio con un quaderno in mano: “Hermanita, sono venuto a notificare la
riunione di domani: chi non viene, paga multa”.
Ci prepariamo, e ligie al dovere ci presentiamo alla
riunione, che sappiamo sarà un po’ difficile, perché ci sono dei problemi da
risolvere comunitariamente.
Le donne si siedono alla sinistra, gli uomini alla destra.
Gli ultimi arrivati sulle banche centrali. Il Corregidor, autorità suprema
della comunità e del cantone, prende la parola: è un po’ timido, ma con il
tempo si scioglie e svolge la sua funzione. Ci chiede di iniziare con una
preghiera, e così facciamo. Poi allora inizia la riunione vera e propria, con
il Corregidor che modera e i partecipanti che, poco per volta, espongono il
loro punto di vista. Generalmente parlano in quechua, ma abbastanza mescolato
con lo spagnolo, cosicché per noi è più facile captare quello che va avanti.
la piazza di Vilacaya |
C’è un problema da risolvere: un membro della comunità non
ha compiuto il suo dovere. Dapprima tutti espongono la propria opinione, quindi
anche la persona interessata. Tutti, proprio tutti parlano, ripetendo senza
paura di annoiare, idee e posizioni. La prima ora passa abbastanza veloce, poi
il fondoschiena inizia a reclamare. Anche Pitufo, il cagnolino sempre fedele
alla sua padrona, si stacca da lei e inizia a elemosinare carezze dalle
persone. Non c’è mai stato feeling tra noi due, ma stavolta la noia ci rende
amici, e sta un bel po’ davanti a me, dandomi una zampettata quando smetto per
alcuni secondi di accarezzarlo.
Intanto il circolo di idee e punti di vista continua. Il
circolo: non c’è immagine più azzeccata per definire la tecnica comunicativa
dei quechua, non a caso si parla di “pensiero circolare” per le culture
originarie. Un circolo, infatti, non ha un inizio o una fine: è una linea
continua, senza interruzione. Tutti i punti stanno alla stessa distanza dal
centro, ed è un po’ così anche per questa riunione: se dapprima sono gli uomini
a parlare, poco per volta anche le donne si fanno sentire, e con una sicurezza
che non denota inferiorità.
Nel frattempo la discussione continua, e siamo alle due ore
di confronto. Ormai Pitufo, sazio di coccole, si sdraia ed entra nel sonno
profondo. Alcuni tirano fuori lo smartphone, certamente per giocare o guardare
foto, poiché nel salone comunitario non c’è campo. Questa scena stride e allo
stesso tempo si armonizza: l’antico con il nuovo, il dialogo presenziale con la
comunicazione virtuale. Il mio fondoschiena non reclama più: il dolore è
arrivato al punto di tramortimento totale. Deciso che la persona in questione
deve pagare multa, ora gli interventi servono per definire la quota da pagare.
autorità originarie |
Dalle 18 siamo in riunione, ormai sono le 21,30 e l’agenda prevede molti altri
punti. Arriviamo fino alle 22,30 e ce ne andiamo, stanche morte, a forza di
percorrere infinite volte il circolo del pensiero della nostra gente. Il giorno
dopo ci dicono che la riunione è finita verso la mezzanotte.
Appena ritornata dall’Italia, questa full immersion nella
cultura quechua da una parte mi ha stancato, e allo stesso tempo mi ha fatto
toccare con mano la ricchezza della mia gente. Se potessimo anche noi
recuperare questa capacità di confronto, sempre su toni pacati, e anche quando
si alza un po’ la voce, senza sbraitare. Nessuno che parli sopra un altro,
sempre in ascolto, e anche se c’è un mormorio di commento, è sempre ridotto. E
non si tratta di una comunità dove tutti si amano: ci sono divisioni, problemi
da risolvere, alle volte testardaggini e ingiustizie, eppure si riesce a
dialogare, in un infinito circolo, forse virtuoso.
L'infinito circolo (virtuoso?)
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