Diario di un viaggio di ritorno (a casa): in Bolivia!
Buenos Aires, 27
gennaio
L’atterraggio nella vita della famiglia Consolata in
Argentina è stato come un tuffo in un mare di petali di rose, vellutate e
profumate. Che gioia ritrovare le mie sorelle! Alcune un po’ più acciaccate, ma
tutte con quella “buena honda” (positività) che le contraddistingue. Il tempo
meteo mi ha trattato bene: nonostante il grande caldo di questa estate, arrivo
dopo alcuni temporali che hanno rinfrescato l’aria e ventilato un poco.
Atterraggio veloce, però: arrivo il sabato e la domenica
vado a Liniers per comprarmi il biglietto per la Bolivia. “Ci sono posti liberi
per domani?” “Si, hermana! Quale vuole?” scelgo il 29. Poi, ritornando, penso:
“Che strano che ho scelto il lato sinistro: di solito scelgo il destro, perché a me piace guardare i cartelli
stradali per sapere dove sono…” solo dopo un tempo mi rendo conto che
sull’aereo ero seduta al posto 29A, e questo deve esermi rimasto.
Ritorno a casa e mi ritrovo il pranzo di benvenuta, con
dessert di suor Palmira che mi ricorda il noviziato (Palmira era nell’equipe
formativa del noviziato, ai miei tempi, e ci faceva sempre dei dolci speciali).
Il cariño latino non smette di abbracciarmi e farmi crescere nell’affettuosità
con gli altri.
Buenos Aires, lunedì
29 febbraio
Eccomi di nuovo alle prese con i bagagli. Suor Remija mi
accompagna a Liniers, e questa volta la hostess mi fa storie per portare sopra
una borsa, tra l’altro mezza vuota, e così la metto nel bagagliaio…
Decisamente dovrei giocare il numero 29 alla lotteria: ho il
posto libero accanto a me, e così posso prendermi i miei spazi. Partiamo
puntuali e alle 16,30 arriviamo a Villa Mercedes (Santa Fe) per la cena: se non
fosse che ci servono un “asado” (carne alla griglia) favoloso, davvero sarebbe
difficile cenare, nel caldo della canicola argentina.
Il viaggio procede tranquillo, e dormo alquanto: ho un
accumulo di stanchezza che spero di smaltire un po’…
Villazón, 1 marzo
L’arrivo in Bolivia avviene a mezzogiorno, con le pratiche
della frontiera abbastanza svelte. Pranzo boliviano con rigorosa zuppa, ben
piccante, e secondo di pollo e purè. Adesso sì, sono quasi a casa, però quel
quasi è interminabile: sono due giorni che viaggio, ma le ultime sei ore sono
più lunghe che tutto il resto tragitto. Tutto intorno si presentano lampi
minacciosi: grazie a Dio, non è ancora terminata la stagione delle piogge. Però
penso alle sorelle che devono venirmi ad aspettare e spero che non trovino
maltempo nella strada. Grazie a Dio, è così: mi aspettano in Kuchu Ingenio
tutte e tre: Gabriella, Maria Elena e Marisa, new entry nella comunità. E’
notte, ormai. Arriviamo a casa alle 22 nella oscurità totale: un lampo deve
aver fatto saltare la luce, e purtroppo era accompagnato da grandine, che
troviamo a mucchi per la strada. Veramente, un meteo più inclemente quest’anno
non poteva esserci: prima la siccità, poi la grandine ripetuta…
Mangiamo cena a lume di candela e andiamo a dormire.
Vilacaya, 2 marzo
Giorno di molti, moltissimi abbracci: i piccoli vengono a
bussare con domande pretestuose, che nascondono la voglia di una caramella: li
abbraccio con grande commozione, e molti di loro mi regalano un sorriso
luminoso che mi dice: “Che bello che sei tornata!”. Non parliamo dei miei amori
del Centro dei bambini: sono cresciuti tantissimo, alcuni sono passati all’adolescenza.
Persino il cane mi saluta festoso, con la sua zampa malata perché, come sempre,
si è azzuffato con un altro cane e gli è andato male. Facciamo un po’ di
compiti con loro, la merenda.
Al ritorno, ci ritroviamo con zia Atanasia, la nostra cuoca, che mi abbraccia senza più lasciarmi: è un gesto che mi sorprende, e che dice quando le nostre vite si sono unite.
Non è ancora arrivata la luce: preghiera e cena a
lume di candela, e mi piace così tanto essere tornata nella normalità della mia
missione!
Vilacaya al tramonto |
Un po’ di anni fa ho scritto che la missione è relazione, la
missione sono volti e nomi che entrano nel tuo cammino, così come tu entri nel
loro. Confermo: la missione per me è: Noemi, Isac, Wiliam, Evelyn, zia
Atanasia, zia Martina, Beimar, Román, Sandra… e l’elenco si fa infinito, e così
si fa esperienza che il nostro cuore si può dilatare all’infinito, per
accogliere tutti come una casa.
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Diario di un viaggio di ritorno (a casa): in Bolivia!
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