Il re dello stagno
Ascoltare la
storia di Simon Patiño fa pensare a una legenda, quelle trame da film
sensazionale che uno pensa non possa esistere nella realtà.
Figlio di un uomo
spagnolo che lo abbandonò nell’infanzia, Simon viveva umilmente in una valle di
Cochabamba. Da giovane va ad Oruro, dove apre un negozietto e incontra l’amore
della sua vita, una donna con la quale avrà cinque figli e con cui passerà il resto
dei suoi anni.
Simon compra una
miniera che aveva fallito, perché non avevano trovato minerali. Ma sembra che
l’uomo avesse un sesto senso per gli affari e... per i metalli: già in Oruro
avevano imparato a distinguerli e a captarli e – con una lungimiranza da
imprenditore – sapeva che era molto meglio trovare stagno che non oro e
argento: era il metallo dei grandi affari a fine Ottocento.
Ma le cose
sembrano andare storto: scava, scava, e non si trova nessuna vena di minerale.
Ormai Patiòo era pronto a chiuderei battenti, in quella sperduta miniera a 4000
m di altezza, quando arriva la moglie con i piccoli e un po’ di soldi: “Ho
venduto i gioieli perché tu possa continuare” e rimane per vivere a fianco del
marito, in una casupola.
Ma anche questa
volta, i soldi si esauriscono prima di aver incontrato la sospirata vena:
quando Simon capisce di aver toccato il fondo, si siede all’entrata della
miniera, alza gli occhi alla volta e... vede qualcosa che luccica. La vena che
avevano cercato nelle viscere della terra si trovava sopra di loro! Mentre va
ad Oruro per far analizzare il minerale, prega che si tratti di stagno, e così
fu: aveva incontrato il più grande giacimento di stagno di alta qualità di
tutto il mondo.
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giardini di Villa Portales |
In pochi anni
Simon Patiño diventa uno dei dieci uomini più ricchi del mondo. Vive in Spagna,
Francia, ma vorrebbe ritornare alla sua amata Bolivia. Per problemi cardiaci,
non può più vivere sulle Ande, ma ormai anziano non desiste dal suo sogno: il
progetto è attraccare in Buenos Aires e da lì salire gradualmente a Tarija,
Santa Cruz, Cochabamba e per ultimo La Paz. Ma il suo viaggio non va più in là
di Buenos Aires, dove muore all’età di 86 anni, nel 1946.
C’è chi lo
definisce un orco delle miniere, chi un grande impresario, una cosa è certa:
Simon Patiòo era un grande sognatore. Compre una miniera abbandonata, vedendo
più in là delle apparenze. Progetta un’autostrada asfaltata che unisce Vinto a
Cochabamba, un cammino fluviale che dal Chapare trasporta i minerali al
Brasile... Molti sogni – come questi – non si avverano...
A inizio XX
secolo costruisce due grandi ville in Vinto e in Cochabamba, in onore di sua
mamma e di sua moglie. Ho visitato quella in Cochabamba e sono rimasta a bocca
aperta: la guida ci dice: “Le uniche cose boliviane di questa casa sono la
sabbia, l’acqua e le pietre per la struttura, tutto il resto viene
dall’Europa”. Villa Portales, così battezzata dalla gente per le sue grandi
porte, è una villa che Simon Patiño ha fatto costruire pensando di poter
passare i suoi ultimi giorni in Cochabamba con sua moglie. E lui, che in Parigi
faceva aspettare la nobiltà che si metteva in coda per chiedere la mano delle
sue figlie, sogna questo ritorno a casa. Il sangue non è acqua, diceva mia
nonna. Simon lo desidera con tutto il cuore.
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con i miei compagni e prof di Antropologia |
Villa Portales è
un’accozzaglia di lusso concentrato in pochi metri quadrati: marmo bianco di
Carrara, vetro di Murano, affreschi e bassorilievi, quadri ad olio e mobili
intarsiati, splendidi parquet... non ho mai visto tanto lusso tutto in una
volta, anche se la guida ci spiega che era lo stile delle case delle elite del
tempo.
Ogni ambiente
segue uno stile diverso: neoclassico, arabo, pseudo barocco. Le immagini
rappresentano miti greci e immagini di Roma antica e moderna. I camini sono
rivestiti di marmo e sembrano solenni pale di altare.
Un boliviano ben
europeizzato, però un boliviano che vuole tornare a casa. Fuori dalla villa
commentiamo: “In questi giorni un mio amico ha fatto arrivare tutti i mobili
dagli Stati Uniti, a quei tempi si facevano arrivare dall’Europa!” Sono i
patterns, gli input e chissà gli imperativi dello status quo di ogni tempo, che
cambiano poco, solo si spostano geograficamente.
Il re dello stagno
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