Confessioni di una missionaria
Una proposta
Sono arrivata a Palo Santo da appena tre ore. Il tempo di una doccia, poi la Messa alla Cappella della Consolata, ed eccomi a tavola con la comunità per la cena. Suor Hannah mi sorprende con una proposta a bruciapelo: "Domani vado a Lomitas per un laboratorio missionario, fino a domenica. E' un po' lontano... ma... vuoi venire?"
Accetto senza pensarci due volte. Partiamo alla tardecita, verso le 17, insieme a due giovani del gruppo giovanile missionario di Palo Santo: Erica e Delma. Non so bene cosa mi aspetta: nel baule della macchina ci sono due scatole piene di materiale, e mi è stato chiesto di suonare la chitarra per animare.
All'arrivo a Las Lomitas, dopo tre ore di viaggio circa, siamo accolte dall'ospitalità travolgente di suor Cristina, una francescana educatrice, che lavora nel collegio di Santa Teresita, fondato dalla sua congregazione molto tempo fa. E' lei che ha voluto fortemente questa esperienza per i ragazzi più grandi delle superiori.
Molte volte i gruppi giovanili fanno questa esperienza di annuncio, e i gruppi missionari qui non sono altro che queste equipe che missionano, niente a che vedere con i gruppi di appoggio per i missionari lontani: la missione qui è concepita come azione in loco.
Le meraviglie della missione
Due giorni intensi, che però lasciano il tempo per significative condivisioni con suor Cristina. Il collegio Santa Teresita da ormai molti anni propone questa esperienza ai ragazzi e ragazze degli ultimi due anni delle superiori, durante le vacanze di inverno (a luglio) e d'estate (a dicembre). Si preparano tutto l'anno con formazione ad hoc, poi partono per sette giorni a missionare. Ogni sera si raccolgono in adorazione e tutti sono invitati a condividere la propria esperienza. I raga si aprono come fiori, emergono anche le situazioni di vita familiare più problematiche, in un processo di liberazione, non di arrotolamento su se stessi. Ritornano a casa cambiati e le famiglie stesse cambiano.
Entusiasti, pubblicano su facebook foto e testimonianze, contagiando altri. Ci sono degli adolescenti che si iscrivono a questa scuola per poter fare questa esperienza!
Dimostrata, quindi la solita teoria: quello che dà la missione è più di ciò che noi possiamo dare nella missione.
Confessioni di una missionaria
I ragazzi e ragazze dell'incontro sprizzano energia ed entusiasmo da tutti i pori, e mi colpiscono molto. Da una parte mi dicono che sono vecchia: 20 anni fa probabilmente anch'io ero così, forse...
Poi guardo Delma e Erica, che hanno gli occhi che luccicano quando parlano di missione, e penso: sì, probabilmente anch'io ero così a vent'anni. E poi guardo Diego, il professore e animatore delle missioni, e ascolto suor Cristina, e mi dico: beh, io sono adulta come loro e non sono così testimone gioiosa della missione, nè ho il coraggio di proporre cammini così sostanziosi alle persone che incontro, come fa Diego con tanta convinzione.
Mi lascio ferire da questa realtà, nel senso che mi lascio aprire il cuore come se fosse un'ope3razione chirurgica, per salvarlo dalla sua malattia. Mi sento moscia e poco missionaria... Ho fatto tanta animazione a tavolino, ma in concreto...
Rimango poco in questo piagnisteo, e inizio a uscirne fuori con delle luci nuove. Si parla tanto di nuova evangelizzazione, perché non provare questa strada del "porta a porta"? O continuiamo a rimanere in parrocchia o in convento, attendendo le persone che non verranno?
E questo vale per le parrocchie come per l'animazione missionaria dei nostri istituti e organizzazioni!
Invece di parlare di missione, renderla un'esperienza che cambia chi missiona e, per contagio, le persone che la ricevono...
Unaltra cosa che mi ha particolarmente colpito è il fatto, o meglio, la coincidenza tra la metodologia del "porta a porta" e la visita ai villaggi/famiglie, scelta come metodologia dai nostri due istituti missionari della Consolata, nei primi passi compiuti in terra keniana.
Bella coincidenza, di più: molto significativa e realmente molto eloquente per me, e, spero, anche per voi.
Sono arrivata a Palo Santo da appena tre ore. Il tempo di una doccia, poi la Messa alla Cappella della Consolata, ed eccomi a tavola con la comunità per la cena. Suor Hannah mi sorprende con una proposta a bruciapelo: "Domani vado a Lomitas per un laboratorio missionario, fino a domenica. E' un po' lontano... ma... vuoi venire?"
Accetto senza pensarci due volte. Partiamo alla tardecita, verso le 17, insieme a due giovani del gruppo giovanile missionario di Palo Santo: Erica e Delma. Non so bene cosa mi aspetta: nel baule della macchina ci sono due scatole piene di materiale, e mi è stato chiesto di suonare la chitarra per animare.
All'arrivo a Las Lomitas, dopo tre ore di viaggio circa, siamo accolte dall'ospitalità travolgente di suor Cristina, una francescana educatrice, che lavora nel collegio di Santa Teresita, fondato dalla sua congregazione molto tempo fa. E' lei che ha voluto fortemente questa esperienza per i ragazzi più grandi delle superiori.
Missionare
Il taller, cioè il laboratorio che portano avanti molto bene Hannah e le due ragazze, è stato preparato dalle Pontifice Opere Missionarie di Argentina. Tratta dei fondamenti teologici e biblici della missione, scendendo anche a precisazioni terminologiche sottili, e si conclude con una parte più pratica, nella quale si riflette e si propone una metodologia per missionare. Da quando sono arrivata in Argentina, ho già sentito molte volte questo verbo, che non ha un corrispondente italiano, ma che qui ha un significato molto preciso: MISSIONA un gruppo di persone, soprattutto laici, ma anche sacerdoti e religiose, che si sposta in un luogo più o meno lontano e fa una specie di missione popolare, con visita alle famiglie e specifiche celebrazioni e catechesi a cui sono invitate le persone visitate.Molte volte i gruppi giovanili fanno questa esperienza di annuncio, e i gruppi missionari qui non sono altro che queste equipe che missionano, niente a che vedere con i gruppi di appoggio per i missionari lontani: la missione qui è concepita come azione in loco.
suor Hannah al lavoro, mentre suor Cristina e i raga ascoltano attenti |
Le meraviglie della missione
Due giorni intensi, che però lasciano il tempo per significative condivisioni con suor Cristina. Il collegio Santa Teresita da ormai molti anni propone questa esperienza ai ragazzi e ragazze degli ultimi due anni delle superiori, durante le vacanze di inverno (a luglio) e d'estate (a dicembre). Si preparano tutto l'anno con formazione ad hoc, poi partono per sette giorni a missionare. Ogni sera si raccolgono in adorazione e tutti sono invitati a condividere la propria esperienza. I raga si aprono come fiori, emergono anche le situazioni di vita familiare più problematiche, in un processo di liberazione, non di arrotolamento su se stessi. Ritornano a casa cambiati e le famiglie stesse cambiano.
Entusiasti, pubblicano su facebook foto e testimonianze, contagiando altri. Ci sono degli adolescenti che si iscrivono a questa scuola per poter fare questa esperienza!
Dimostrata, quindi la solita teoria: quello che dà la missione è più di ciò che noi possiamo dare nella missione.
una suggestiva ambientazione per l'adorazione eucaristica |
Confessioni di una missionaria
I ragazzi e ragazze dell'incontro sprizzano energia ed entusiasmo da tutti i pori, e mi colpiscono molto. Da una parte mi dicono che sono vecchia: 20 anni fa probabilmente anch'io ero così, forse...
Poi guardo Delma e Erica, che hanno gli occhi che luccicano quando parlano di missione, e penso: sì, probabilmente anch'io ero così a vent'anni. E poi guardo Diego, il professore e animatore delle missioni, e ascolto suor Cristina, e mi dico: beh, io sono adulta come loro e non sono così testimone gioiosa della missione, nè ho il coraggio di proporre cammini così sostanziosi alle persone che incontro, come fa Diego con tanta convinzione.
condivisione dei lavori di gruppo |
Mi lascio ferire da questa realtà, nel senso che mi lascio aprire il cuore come se fosse un'ope3razione chirurgica, per salvarlo dalla sua malattia. Mi sento moscia e poco missionaria... Ho fatto tanta animazione a tavolino, ma in concreto...
Rimango poco in questo piagnisteo, e inizio a uscirne fuori con delle luci nuove. Si parla tanto di nuova evangelizzazione, perché non provare questa strada del "porta a porta"? O continuiamo a rimanere in parrocchia o in convento, attendendo le persone che non verranno?
E questo vale per le parrocchie come per l'animazione missionaria dei nostri istituti e organizzazioni!
Invece di parlare di missione, renderla un'esperienza che cambia chi missiona e, per contagio, le persone che la ricevono...
Unaltra cosa che mi ha particolarmente colpito è il fatto, o meglio, la coincidenza tra la metodologia del "porta a porta" e la visita ai villaggi/famiglie, scelta come metodologia dai nostri due istituti missionari della Consolata, nei primi passi compiuti in terra keniana.
Bella coincidenza, di più: molto significativa e realmente molto eloquente per me, e, spero, anche per voi.
Confessioni di una missionaria
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