Il Diavolo non è poi così cattivo…
“Supay” è una delle prime parole che insegna il libro di
grammatica quechua, e viene tradotta
“Diavolo”. Però i libri che descrivono e sistematizzano la spiritualità
originaria dicono unanimemente che Supay non è tanto lo spirito del male,
piuttosto uno degli spiriti che abitano il cosmo, e può essere buono o cattivo,
questo dipende in parte da noi.
All’arrivo degli Spagnoli e dei primi missionari, sono state
introdotte le categorie religiose del cristianesimo, e Supay è stato
identificato con il Diavolo, così come la visione tripartita della realtà (il
mondo di sopra, questo mondo e il mondo di sotto) si è fatta coincidere con le
tre dimensioni Paradiso, Mondo e Inferno. Ma incollare categorie cristiane alle
realtà originarie non è stato sufficiente per cancellare una visione della
realtà armonica e olistica, nella quale tutto fa parte dell’armonia, ed il male
è spiegato come una rottura di questo ordine che tutto comprende, e non è
personificato in un essere spirituale.
lo "zio" della miniera |
“Il Diavolo non è poi così cattivo”: questa affermazione, riportata in uno studio antropologico pubblicato nel libro “Rostros indios de Dios” (1992) rappresenta egregiamente la sensibilità andina. Allo stesso modo si potrebbe dire “I santi non sono poi così buoni…”. C’è sempre un’ambivalenza: se il Diavolo si può “addomesticare” offrendogli doni perché sia benevolo, bisogna rispettare i Santi affinché non si arrabbino e castighino i devoti (vedi il post del 2013 “Il Signore dei fulmini” su San Giacomo). La stessa Pachamama è una madre generosa, che dà la vita ai suoi figli, e allo stesso tempo una realtà affamata, che può richiedere sangue per placare la sua fame.
san Pietro |
Andrés ha “passato” festa a San Giacomo in quest’anno. Alla
domanda: “Perché?” ha risposto che voleva ringraziare il Santo per aver sempre
protetto la sua casa dai ladri. Martin, però, che ha “passato” la festa della
Madonna Candelaria, un giorno ci ha detto: “Quando mi hanno chiesto di passare
la festa, non sapevo se accettare, poi mi sono convinto quando un amico mi ha
detto che un tale non ha voluto passare la festa e la Madonna lo ha castigato
con un incidente”.
Nelle viscere della terra, i minatori rendono omaggio allo
“Zio” della miniera: generalmente, all’inizio dei tunnel, si trova la statua di
un essere non molto gradevole (forse per questo identificato dagli spagnoli con
il diavolo), al quale i minatori chiedono il permesso per poter entrare nel suo
“regno”, e a cui offrono alcol e coca. Lo Zio, lo spirito della miniera, protegge
i minatori, perciò è buono, ma bisogna rispettarlo per non avere problemi. ci
sono storie di persone a cui è andato molto bene il lavoro nella miniera, si
sono arricchiti a dismisura trovando grandi vene di metalli preziosi: si
racconta di un uomo in Potosí molto ricco, e che all’improvviso perde tutto
quello che aveva accumulato: lo Zio (o il Diavolo?) gli aveva chiesto offerte
sempre più esigenti, fino a pretendere la vita di sua figlia, al che il ricco
uomo che aveva fatto un patto con Supay/Zio, decide di rompere il “contratto”,
e per questo perde i favori dello spirito della miniera…
il diavolo rappresentato nella diablada |
Non voglio cadere in una filosofizzazione, che rischia di andare molto lontano dalla realtà che incontro tutti i giorni, ma mi azzardo a ipotizzare che questa ambivalenza buono/cattivo di tutti gli esseri rispecchi in buona parte l’esperienza stessa della gente, a stretto contatto e forte dipendenza con la natura: questa può essere molto generosa e concedere l’abbondanza alle persone, come può diventare una matrigna cattiva, che castiga con la grandine e le gelate fuori stagione, compromettendo i raccolti e destinando le famiglie a una fame assicurata, oppure – seconda opzione – alla migrazione forzata.
Il Diavolo non è poi così cattivo…
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