Ecumenismo (forse domani)
Uno dei tanti sogni in comune che avevamo suor Gabriella ed
io, arrivando in Vilacaya, era quello di impegnarci per il cammino ecumenico.
La realtà che abbiamo trovato, in realtà, era di poco dialogo, per non dire di
ostilità, a tutti i livelli: dalla base fino a un po’ più in su…
La cultura quechua si è intrecciata a maglie strette con il
cattolicesimo, che è diventato non solo una religione professata, ma anche (e
forse di più) un elemento costitutivo della propria identità. Anche per questo
le Chiese Evangeliche non hanno avuto molto successo nell’area andina, con
maggior esito nelle città e molto poco nelle campagne. Certamente non ha
aiutato una postura rigida, alle volte, su certe tradizioni ancestrali,
considerate idolatriche e incompatibili con la fede. I Quechua – l’ho già
accennato varie volte – hanno una cultura semi impermeabile, molto selettiva:
fanno entrare solo ciò che è compatibile con una certa visione olistica e – una volta entrato – lo si trasforma ancora perché sia in armonia con il resto.
Anche per questo, è difficile, per esempio in ambito cattolico, far entrare la
devozione a certi santi che non fanno parte del “santorale” tradizionale.
Quelli che hanno successo sono stati molte volte la cristianizzazione di certi
dei ancestrali, o per lo meno la sovrapposizione.
Ma torniamo al dialogo tra confessioni cristiane: siccome
suor Gabriella - è risaputo e provato - è molto più testarda e tenace di me, ha
chiesto a più riprese e a varie persone se esistevano iniziative ecumeniche.
Alcune risposte evasive, altre un po’ meno. Lo ha domandato al vescovo, al
vicario generale, e a tanti altri preti. In realtà, esistono a livello
istituzionale molte poche occasioni di dialogo, se si eccettua la Settimana
Biblica che si fa una volta l’anno.
Quello che abbiamo constatato nella vita ordinaria delle
comunità rurali come la nostra è di un conflitto più o meno latente. Non
mancano le lamentele degli evangelici che si sentono spesso maltrattati dalla
maggioranza cattolica. Come suore siamo abbastanza amiche della famiglia del
Pastore, ma non siamo ancora riuscite ad arrivare a gesti concreti di incontro,
che rischierebbero poi di non andare al di là della nostra isolata iniziativa
personale di straniere che – per definizione – “non capiscono niente” perché
non capiscono “i costumi locali”.
Calixto: diacono permanente della chiesa cattolica e yatiri (sacerdote tradizionale) insieme a sua moglie Encarnaciòn |
Sucre, nella centralissima piazza “25 de mayo”: siamo sedute
a mangiare un gelato in santa pace, dopo una giornata turistica con le nostre
ospiti italiane, che il giorno dopo spiccheranno il volo per l’Europa. Passano,
come al solito, persone che mendicano. Sulle panchine un po’ più in là, arriva
un gruppo di brasiliani, che ci chiede se siamo missionarie. Arriva anche un
tipo, che ha lasciato la macchina, bella e nuova, ai lati della piazza, e si unisce
al gruppo. Nel frattempo passa una donna che chiede l’elemosina, e ci fa
davvero tenerezza: suor Maria Elena tira fuori delle monete e gliele dà. Poi la
poveretta passa anche dal gruppo brasiliano, il quale fa un cerchio attorno,
come un abbraccio collettivo, ed inizia a pregare per lei. La donna si
commuove, piange, la preghiera si fa intensa, mentre una persona del gruppo
filma tutto. Quindi l’abbraccio comunitario si scioglie, la povera donna viene
congedata senza nemmeno il becco di un quattrino. Quindi il pastore, che ha
guidato la preghiera, ritorna alla sua bella auto e se ne va.
Sucre |
L’episodio è stato molto significativo e subito mi ha fatto
ricordare quella frase terribile che si dice in Bolivia: “Se uno ha bisogno di
soldi, va dai cattolici. Se vuole incontrare Dio, va dagli evangelici”. Ma
sembra che un fondo di verità c’è, non vi pare? Allora il cammino ecumenico
dovrebbe essere un arricchimento reciproco, nella diversità e ricchezza di
ciascuno. Applicando al nostro caso: noi cattoliche abbiamo dato dei soldi con
un sorriso e belle maniere, ma non abbiamo parlato di Dio. Gli evangelici hanno
toccato il cuore della donna, le hanno parlato del Dio di amore che cura le
ferite, ma poi – finito lo show filmato – l’hanno lasciata nei suoi problemi come
era prima. Ma se noi – cattolici ed evangelici – imparassimo la carità vera,
che è aiutare il bisognoso e annunciare l’amore di Dio e la salvezza di Cristo,
non saremmo forse più ricchi e più vicini al Maestro Gesù? Lui parlava del
Padre e faceva il bene, vicino ai problemi della gente.
Ecumenismo (forse domani)
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