MISERICORDIA nel cuore della Beata Irene
Ognuno ha il suo modo di vivere la misericordia. Almeno questa è l'impressione che mi fa tutte le volte che rifletto sui nostri santi. Così diversi in tutti i sensi: come personalità, contesto di vita... eppure ciascuno ha sperimentato la misericordia e, di riflesso, è diventato misericordia per gli altri.
Parlare della Beata Irene nel contesto di questo Giubileo è un invito a nozze: quasi un secolo fa, gente semplice che abitava sulle colline di Nyeri aveva già capito tutto, e l'aveva battezzata "Nyaatha", che significa "la misericordia fatta persona".
Ma concretamente, come ha vissuto la misericordia la nostra sorella?
IL SORRISO: suor Irene sorrideva sempre. Sembra una cosa marginale, in realtà fa la differenza. Le persone sorridenti ci fanno bene, sono come un raggio di luce. Anche Nyaatha lo era per tante persone, ed ancora oggi le foto che la immortalano svelano che la missionaria era solita avere un viso luminoso.
LA PAZIENZA: il beato Allamano insisteva fortemente sulla pazienza e la mitezza. Sapientemente faceva notare: come si può essere dei credibili annunciatori di Dio Amore se noi non ne siamo una immagine, seppur sbiadita?
Suor Irene è l'incarnazione più profonda di questa intuizione. Era talmente buona che la gente persino ne abusava. E lei si lasciava usare. Era lì per questo: per donarsi. Aveva scritto: "Nulla per me..."
VERSO I MALATI E I MORENTI: suor Irene si faceva tutto a tutti, ma se c'era un malato, questi aveva la priorità. Se stava insegnando nella scuola di Gikondi e la avvisavano che una persona si era aggaravata, lasciava gli alunni e correva ad assisterla, alle volte rimanendo fino a che esalasse l'ultimo respiro. Alle volte fu persino sgridata per queste sue scelte, ma era più forte di lei: soprattutto se si trattava di non cristiani, il suo pensiero e il suo cuore erano là. C'era un uomo, una donna che ancora non aveva ricevuto la grazia del Battesimo, per i suoi tempi significava che non potevano ricevere la salvezza: questo era inconcepibile per Nyaatha, assolutamente doveva far di tutto affinché potessero entrare nell'abbraccio della misericordia.
Ma se ci limitiamo a questo aspetto, sembra che l'assistenza ai malati fosse più funzionale al numero di Battesimi da dare. Non è così: suor Irene è morta contraendo la peste da un suo collaboratore cristiano, il maestro Julius. Lo ha assistito e gli ha dato consolazione fino al suo ultimo respiro, e non solo: a tutti ha sempre garantito una degna sepoltura, molte volte con difficoltà, perché la gente era solita abbandonare i cadaveri per paura dei morti.
Vorrei concludere con una frase di suor Irene che mi piace molto, e che mi sembra racchiuda con semplici parole la sua esperienza della misericordia di Dio. L'aveva scritta in una lettera indirizzata a un Gikondese che lavorava lontano, e con il quale manteneva una corrispondenza epistolare:
Parlare della Beata Irene nel contesto di questo Giubileo è un invito a nozze: quasi un secolo fa, gente semplice che abitava sulle colline di Nyeri aveva già capito tutto, e l'aveva battezzata "Nyaatha", che significa "la misericordia fatta persona".
Ma concretamente, come ha vissuto la misericordia la nostra sorella?
IL SORRISO: suor Irene sorrideva sempre. Sembra una cosa marginale, in realtà fa la differenza. Le persone sorridenti ci fanno bene, sono come un raggio di luce. Anche Nyaatha lo era per tante persone, ed ancora oggi le foto che la immortalano svelano che la missionaria era solita avere un viso luminoso.
LA PAZIENZA: il beato Allamano insisteva fortemente sulla pazienza e la mitezza. Sapientemente faceva notare: come si può essere dei credibili annunciatori di Dio Amore se noi non ne siamo una immagine, seppur sbiadita?
Suor Irene è l'incarnazione più profonda di questa intuizione. Era talmente buona che la gente persino ne abusava. E lei si lasciava usare. Era lì per questo: per donarsi. Aveva scritto: "Nulla per me..."
VERSO I MALATI E I MORENTI: suor Irene si faceva tutto a tutti, ma se c'era un malato, questi aveva la priorità. Se stava insegnando nella scuola di Gikondi e la avvisavano che una persona si era aggaravata, lasciava gli alunni e correva ad assisterla, alle volte rimanendo fino a che esalasse l'ultimo respiro. Alle volte fu persino sgridata per queste sue scelte, ma era più forte di lei: soprattutto se si trattava di non cristiani, il suo pensiero e il suo cuore erano là. C'era un uomo, una donna che ancora non aveva ricevuto la grazia del Battesimo, per i suoi tempi significava che non potevano ricevere la salvezza: questo era inconcepibile per Nyaatha, assolutamente doveva far di tutto affinché potessero entrare nell'abbraccio della misericordia.
Ma se ci limitiamo a questo aspetto, sembra che l'assistenza ai malati fosse più funzionale al numero di Battesimi da dare. Non è così: suor Irene è morta contraendo la peste da un suo collaboratore cristiano, il maestro Julius. Lo ha assistito e gli ha dato consolazione fino al suo ultimo respiro, e non solo: a tutti ha sempre garantito una degna sepoltura, molte volte con difficoltà, perché la gente era solita abbandonare i cadaveri per paura dei morti.
suor Irene e suor Cristina crocerossine a Voi, nel campo militare |
"Fatti coraggio e sii felice, perché Dio ti ama molto"
MISERICORDIA nel cuore della Beata Irene
Reviewed by abconsolata
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