La scuola: una festa
I mesi di marzo e aprile sono caratterizzati, nella nostra
zona, da una altissima concentrazione di feste per l’anniversario delle scuole
rurali. Cosa significa questo per la pancia, chiedetelo direttamente a lei, che
deve accogliere nella propria esistenza litri di chicha (bevanda fermentata a
base di mais) e chili di prelibati piatti che la gente, con molto amore,
prepara per celebrare un evento tanto importante. Nonostante la prova di
resistenza digestiva, quest’anno le feste hanno fatto risuonare nella mia mente
molti pensieri ed emozioni, che ora provo a condividere con voi.
Mulahara, 24 marzo: siamo tutti riuniti nel cortile della
scuola, ed il maestro legge la storia di fondazione dell’istituzione: la
comunità ha una scuola antica, che nasce alla fine della dolorosa guerra del
Chaco. Un signore di Mulahara, che aveva partecipato al conflitto, era
ritornato con un proposito: dare alle nuove generazioni la possibilità di
leggere e scrivere, poiché egli, povero analfabeta, aveva sofferto troppo per
la sua ignoranza, durante la sua permanenza nel Chaco. Convinti i suoi
compaesani, come in tutte le comunità rurali, l’impegno era costruire un locale
per accogliere gli scolari, una stanzetta per l’alloggiamento del maestro e un
piccolo stipendio per quest’ultimo. Tutti contribuirono e la scuola nacque,
visse e sopravvisse fino ad oggi: quasi un secolo di storia! Davvero fa
pensare: siamo talmente abituati all’alfabetizzazione su larga scala, che non
ci rendiamo più conto cosa significa non saper leggere e scrivere. Anche se,
grazie a Dio, le ultime generazioni boliviane sono tutte scolarizzate, non è
raro trovare in un ufficio in Potosì una cholita (donna della campagna che
mantiene i costumi tradizionali) che firma con la sua impronta digitale, perché
non sa nemmeno scrivere il proprio nome.
Vilamani, 1° aprile: passiamo alla scuola senza avvisare,
solo vogliamo programmare con i maestri un incontro con gli studenti, dopo
tanti anni di richieste cadute a vuoto, a causa del poco tempo nostro. Ormai le
lezioni sono finite, ma notiamo che nella Direzione c’è un discreto numero di
ragazzi, molto silenziosi: seduti, fissano un angolo della stanza: una
televisione! Sta trasmettendo la “Carica dei 101”. Sono pochi giorni che hanno
installato la parabolica, e il maestro li fa uscire un po’ a malincuore per
accogliere noi. Grazie a Dio le chiacchiere non durano molto, e i ragazzi già
sono in agguato per ritornare e vedere il film! In Vilamani non è difficile
vedere un coniglio che scappa e un alunno che gli corre dietro: è con
l’allevamento di questo roditore che la comunità e la scuola hanno potuto
comprare e installare la parabolica, e dare così ai ragazzi la possibilità di
vedere la televisione, che nelle loro case non esiste. Può sembrare una piccola
cosa, in realtà nasconde il buon cuore e la creatività degli insegnanti, che
non si limitano a dare tot ore di lezione, ma come buoni padri e madri cercano
la felicità dei piccoli.
Sunchu Pampa, 20 marzo: ritorniamo a Sunchu Pampa dopo più
di un anno di assenza, e l’accoglienza è tanto calorosa come la sorpresa di
vederci arrivare. Si tratta di una comunità molto umile: lo si vede dai visi
maltrattati dal sole, dai vestiti lisi e dal paesaggio brullo e austero, per
questo ne siamo particolarmente affezionate. Di fronte a tanta necessità, la
risposta degli insegnanti è stata eccellente: il Direttore è riuscito, dal
nulla, a organizzare un “Internato” (collegio dove alloggiano i ragazzi che non
possono ritornare a casa per la distanza) e ad assicurare il pranzo a tutti gli
studenti. “Un giorno ho visto arrivare una bimba alla scuola con un pugno di
mais bollito come pranzo. Sapevo che avrebbe camminato tanto per ritornare a
casa, e quella notte non ho dormito”: da quell’esperienza è nata una
meravigliosa opera di bene. Ma quest’anno il direttore ha il viso molto
sofferente e preoccupato: manca l’acqua da mesi, e le scarse precipitazioni
fanno presagire sete e fame. Ci chiede aiuto, e noi, con la Provvidenza che non
ci abbandona, cercheremo di dare una mano.
Non si tratta di un caso isolato: i maestri rurali sono
sempre i primi a indicarci casi di necessità, problemi nelle famiglie, sono
insomma ottimi alleati per giungere lì dove la carità è urgente, e sono anche i
primi a condividere e dare del proprio per aiutare i più poveri.
Festeggiamo, sì, festeggiamo la scuola! Davvero quando si
possono educare i più piccoli, quando i maestri sono educatori 24 ore su 24,
quando la comunità cresce attorno alla scuola, allora sì: la scuola è una
festa, tutti i giorni.
La scuola: una festa
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