La festa di Urkupiña
Ehy, ragazzi! Mi sono accorta che gli ultimi due post sono
stati abbastanza negativi, ma questo è un blog che narra la bellezza della
missione, che è la vita della nostra gente. Ed ecco, quindi, una luuuunga serie
di articoli positivi, perché la vita è vita, ed è una gran cosa.
Iniziamo la nostra serie di “cronaca bianca” con
un’esperienza imprevista, ma molto interessante. Durante il soggiorno di mia
mamma, Elisa e Giulia, tre gringas avventurose e perdutamente innamorate della
Bolivia (come me), abbiamo approfittato del week end per un salto a Cochabamba,
per shopping e non solo. Infatti, la prima meta era il Santuario di Urkupiña: prendiamo
il bus giallo, che già conoscevo, e questo, però, non passa al Santuario, va
direttamente al Calvario, il luogo dell’apparizione. “Va bene lo stesso” penso
tra me. Ma poi arrivando alla meta, capisco il perché: se la prima visita a
questo luogo sacro era stato in un tranquillo lunedì di novembre, questa volta
mi ritrovo una fiera gigante che costeggia la strada, e quasi ci porta
all’ingresso del Calvario.
Ci sono, all’inizio, prodotti tipici delle fiere di tutto il
mondo: un banco di cappelli, uno di giocattoli, qualche banchetto che vende
cibarie… Avvicinandosi alla collina, ecco che appare il commercio “tecnico”
della ritualità andina, che affianca la devozione cattolica a gesti tipici della
cultura. Qui la gente chiede la benedizione di Dio e la protezione della
Madonna, ed esprime i propri desideri più profondi in modo molto concreto:
comprando la miniatura della cosa desiderata. Ed è qui che fiorisce il
commercio, che è ben incorporato nel DNA quechua: i venditori offrono ad alta
voce le alasitas: una casa in miniatura, un’auto, un camion, ma è sorprendente
come la specializzazione dei piccoli oggetti si perfezioni in Urkupiña: patenti
di guida, diplomi universitari. Una donna grida: “Mille dollari a un boliviano”
e questo fa sorridere, in un altro contesto sarebbe un sogno, poter comprare
mille dollari con una moneta da niente!
Entriamo, finalmente, nel Calvario: la gente brulica nella
strada che porta al piccolo santuario aperto, altri si siedono all’ombra degli
alberi. Il sacerdote ha già iniziato la Messa, ricorda molte volte come la
Madonna ascolta ed esaudisce le preghiere di chi è lì, ed anche delle persone
che si sono raccomandate alle preghiere dei pellegrini.
Finita la celebrazione, tutti si accalcano per ricevere la
benedizione degli oggetti comprati, soprattutto delle alasitas che
rappresentano il proprio desiderio. Anche se avevo già visto in Copacabana la
benedizione delle auto (che la gente addobba a festa per la ch’alla, e che qui
nel percorso verso il Calvario ha rallentato non poco il bus) e i rituali con
le miniature, qui in Urkupiña vedo per la prima volta dei cestini piccoli che
portano frutta e verdura, vera ma di piccole dimensioni, e alle volte anche dei
minuti pezzi di carne. Anche questo si fa benedire, non so il significato, se è
per chiedere cibo per tutto l’anno, oppure ha un altro significato. Sappiamo
che questi cestini la gente li porta a casa, perché nel bus del ritorno vediamo
la gente che li ha in mano.
dalla sommità della collina, si vedono in primo piano i pezzi di terreno usati nella ritualità originaria, e sullo sfondo la avenida colma di bancarelle e gente |
Saliamo sopra, sulla cima del Calvario: da lì la vista della
fiera rivela le sue notevoli dimensioni. Ci sono i rettangoli di terreno, marcati
da pietre: lì la gente ha fatto i suoi riti. Da un’altra parte c’è la zona dove
si rompono le pietre a picconate, e a seconda del risultato (pezzo grande i
piccolo) uno sa quanto la Madonna compirà i desideri del devoto. Ma questa non
l’abbiamo vista.
Non mancano dei santoni che prevedono il futuro e fanno dei
riti “bonus”, più vicini alla magia che alla devozione. Scendiamo, ormai il
sole di mezzogiorno è forte. Per ritornare indietro abbiamo difficoltà, perché
il flusso di gente verso il Calvario si è intensificato.
Tutto questo variato e alle volte labirintico e frenetico
movimento di gente può da una parte dare le vertigini, dall’altra – per certe
teste un po’ strutturate – può sembrare il caos infinito e un’accozzaglia di
sincretismo e superstizione. A me non sembra poi così, se andiamo un po’ più in
là delle apparenze. Anche se è un movimento interiore, il pellegrino che va ad
un Santuario ha sempre un desiderio, un bisogno, un problema che presenta al
santo di turno. Qui è solo esteriorizzato materialmente. L’importante è che i
pellegrini facciano esperienza dell’amore e della Provvidenza di Dio. La grande
massa di gente (e non era il giorno della festa, che era stata 6 giorni prima)
dice che c’è fiducia e speranza di ottenere aiuto. E speriamo anche che
facciano l’esperienza della Misericordia di Dio.
La festa di Urkupiña
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