La croce della reciprocità
Siamo in pieno
tempo pasquale, che coincide – nel calendario contadino – al tempo del
raccolto. Quest’anno, già lo sapete, il tempo inclemente non ha permesso alla
nostra gente di godere dei frutti della terra, eppure ecco che le autorità
originarie – uomini e donne – arrivano una domenica alla chiesa con mais, grano
e fiori, e iniziano ad adornare la croce grande del Calvario, che hanno portato
a spalle fino al paese.
“Che peccato, già
hanno poco raccolto, e lo mettono alla Croce...” dice una voce calcolatrice
dentro di me. Ma è un pensiero strano che – all’interno del Pacha andino – non
ha alcun significato. La tentazione dell’accumulo può insinuarsi anche tra la
nostra gente, ma in generale vince la legge universale della reciprocità, che
in quechua si dice ayni.
Ayni è un
concetto chiave nella cosmologia andina, ma soprattutto è qualcosa di molto
comune fino a diventare spontaneo nella gente: le mani non stringono cose
gelosamente, si aprono per condividere. E’ un atteggiamento che si vive tra le
persone, ma anche con Dio, come lo dimostra il caso della Croce adornata di
frutti della terra.
Anche se poco,
oggi ho qualcosa da offrire a Dio, e Lui a sua volta mi darà frutti al prossimo
raccolto. Non è calcolo o interesse, non è do ut des, semplicemente è una
constatazione, perché la reciprocità regge l’universo intero: la Madre Terra,
gli esseri viventi, e Dio stesso.
Sempre mi
colpisce, ed ogni volta constato una profondità sempre più sorprendente: i
frutti si potrebbero offrire in un cesto davanti all’altare, come in effetti si
fa in alcuni momenti, per esempio nella festa di Pentecoste. Ma la Croce
accompagna la vita della gente sempre, anche in questo momento tanto
importante, qual è il tempo del raccolto. Gesù in croce è la massima
espressione dell’ayni: come Dio e come uomo si offre totalmente! Lo scambio è
continuo e totalizzante, “mirabile scambio”, dicevano gli antichi Padri, per
parlare dell’Incarnazione. Ma la reciprocità nel mistero di Gesù è una costante,
fino alla fine, fino alla croce. E proprio nella croce la nostra gente esprime
la sua parte di dono e scambio. E in tempi come questi, “l’obolo della vedova”,
di quelle poche spighe e pannocchie, sicuramente causa l’ammirazione di Gesù:
la gente da tutto. E così assomiglia sempre più a quel Gesù sulla croce che è
l’ayni incarnata.
Ci sarebbe da
dire molto sulla croce, e penso che questo sarà frutto di uno studio più
approfondito: infatti, la croce è arrivata prima di Cristo nella cultura
originaria. La chakana che rappresenta la Croce del Sud è già presente nella
civiltà del Tiwanaku, mille anni prima dell’arrivo del Vangelo.
La croce della reciprocità
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