Mosaico di vita
Ci sono tanti
piccoli episodi che costellano le nostre giornate e le rendono significative,
ma per il fatto di essere piccoli non riempono lo spazio di un articolo. Oggi
voglio raccontarvene alcuni, formando così un mosaico di vita, la nostra vita
con la gente.
Mani speciali
Il Yatiri Calixto
ci diceva: “ci sono persone che hanno nelle mani il dono di seminare e piantare.
Qualsiasi cosa mettano alla terra, germoglia”. In linguaggio italiano si usa il
termine pollice verde. Quando ho sentito Calixto parlare dei doni diversi che
le mani possono avere, e in particolare questo del seminare e piantare, la mia
mente è corsa in Vilacaya, in quella casa che fa angolo, con una porta azzurra
quasi sempre chiusa. Se bussi alla porta, ti apre una signora piccolina, con
molte rughe, segno di una vita intensa e sofferta. Sorride con gli occhi e con
la bocca, e dischiude il suo tesoro/paradiso: un cortile interno ricolmo di
piante e fiori rigogliosi: fa effetto in un contesto paesaggistico quasi
desertico, sembra il passaggio ad un altro mondo. Si, non c’è dubbio: Augusta
ha il dono delle piante e dei fiori nelle sue mani, e quest’anno la
dimostrazione somma di questo dono si è manifestato proprio alla porta della
sua casa, lì, al ciglio della strada: dapprima è apparso una piccola piantina,
sembrava un lacayote, tipica zucca della zona. Ma poi è cresciuto, e le mani
abili di Augusta lo hanno accompagnato silenziosamente e abilmente. La pianta
cresce rapidamente, appare un bastone per sostenerla, cresce, cresce... fino
quasi ad altezza d’uomo, e sbocciano preziosi fiori rosa in forma di campanula.
“Ma che meraviglia, signora Augusta!” “E’ nato da solo...” dice, quasi per
giustificarsi. Solo, sì, ma con la “magia” delle sue mani.
Quando il cognome fa la differenza
E’ successo
qualche tempo fa, non molto lontano nel passato, ed è un fatto che mi ha
intristito molto, oltre che a lasciarmi a bocca aperta. Me lo hanno raccontato
durante un pranzo, e si tratta la storia di un ragazzo che desiderva
profondamente entrare nell’Accademia militare. “Mi dispiace, ma per il tuo
cognome non puoi entrare. L’unica possibilità che hai è se te lo cambi per un
altro più signorile”. Ebbene sì: ci sono cognomi che dicono le origini umili e
indigene, ed altri che – forse – rimandano a famiglie spagnole colonizzatrici.
Che fare? Per fare carriera militare è necessario avere un cognome degno. Il
ragazzo è così desideroso di entrare nell’Accademia, che convince a suo padre a
disconoscerlo, e con un lunghissimo e costoso processo burocratico ottiene un
altro cognome, ma a caro prezzo per la famiglia, che ha dovuto dichiarare la
non appartenenza alla stessa famiglia, ha dovuto rinnegare a se stessa. Il papà
piange, piange, ma per amore al figlio accetta questo dolore. Per la cronaca,
dopo un tempo di Accademia, il tipo esce e non la termina, dopo tutto il dolore
che ha causato ai suoi! Ma il fatto che ci sia razzismo e disuguaglianza tali
che partono proprio dai cognomi, questo è qualcosa di altamente ingiusto e
assurdo. Cronaca nera di una Bolivia che – fino a qualche tempo fa – obbligava
le donne vestite con le loro gonne tradizionali a mettersi i pantaloni per poter
salire sul bus diretto a Cochabamba...
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