A volte ritornano (ovvero: ricomincio da capo)
Quest’anno 2017 è
segnato da alcuni fatti che mi fanno pensare la necessità, ogni tanto, di
riniziare da zero. La mia memoria esterna si è rotta, ed ho perso molto
materiale. Quindi mi rubano lo zaino che conteneva il mio computer: altro
materiale perso, oltre all’aggeggio... Mi ha fatto venire in mente un mio amico
boliviano che un giorno mi diceva che nella sua vita ha dovuto iniziare da zero
varie volte, e sempre con risultato. Forse è un’opportunità?
Ed ecco che
quando – statisticamente parlando – i capelli bianchi hanno raggiunto i
castani, quando devo dire che sono entrata negli Anta, proprio in quest’anno
ricomincio a studiare, e forse ricomincio da capo. Se dovessi dare un titolo di
film al 2017, sarei indecisa tra “A volte ritornano” e “Ricomincio da capo”. Il
primo, perché ritorno all’Antropologia, che avevo accarezzato negli studi
universitari da giovincella. L’anno scorso è ritornata la Filosofia con
l’appoggio che do al seminario in questa materia, ed oggi ritorna
l’Antropologia con uno studio che – lo sento – farà del bene a me e alla mia
famiglia religiosa. Ma è un ritorno che è anche un ricominciare da capo, perché
sono diversa, e anche se l’antropologia non è una novità nella mia vita, qui ha
un punto di vista molto peculiare.
Siamo andate,
Maria Elena ed io, all’Università Cattolica di Cochabamba per aver informazioni
sul corso a distanza in dicembre. Abituata ad ambienti degradati come Palazzo
Nuovo in Torino, e poi la Pontificia Università Urbaniana in Roma con la sua
struttura antica, la Cato (come sta scritto da tutte le parti) è un corpus di
tre strutture ben pensate architettonicamente, pulite e curate. Subito ho
pensato da dove vengo, e mi sono detta che è un bel salto Vilacaya/La Cattolica!
In giugno ho
avuto il primo contatto con professori e studenti per le classi di orientamento
(il resto si fa a distanza) e lo stile è decisamente meno sofisticato che la
struttura fisica: i sei professori della facoltà sono persone semplici e vicine
agli studenti, si cerca di fare comunità, e davvero le relazioni sono molto
fraterne. Per adesso del primo semestre di studio ci sono solo io, ma
nell’uscita per il lavoro di campo sono subito stata abbracciata da prof e
studenti con quel calore tipico di America Latina, e particolarmente fomentato
nel corso di Antropologia.
L’Università
boliviana si caratterizza per la sua praticità: se penso alla fatica che fanno
il miei poveri studenti a star dietro alle elucubrazioni razionali dei filosofi
occidentali, capisco anche questa risvolto pratico della realtà accademica. Si
tratta di una cultura che non ha deificato la speculazione intellettuale fine a
se stessa, ma che incarna il lavoro intellettuale nella vita concreta. Certi
studenti europei che sono approdati alla U (come dicono qui per risparmiarsi il
fiato pronunciando la lunga parola Università) boliviana ne sono rimasti
entusiasti, soprattutto per certe carriere come medicina, ingegneria, in cui
l’esperienza concreta ha un valore immenso in vista del lavoro.
Ma questa
caratteristica si vede anche in una disciplina umanistica come l’Antropologia,
che privilegia il lavoro di campo e ne esige un risultato concreto in ogni
materia.
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selfie sui banchi di scuola |
Detto questo,
ammetto che guardando i programi di studio, alle volte sono percorsa da un
brivido di ansietà... ricomincio da capo, ma non ho più le energie di vent’anni
fa... certamente ho imparato a non divorare sapere, bensì a gustarlo come si fa
con una cosa deliziosa, che si lascia nella bocca perché il suo sapore sia goduto
al massimo. Speriamo di riuscirci, vi aggiornerò quando il titolo sarà: “Gli
esami non finiscono mai”...
A volte ritornano (ovvero: ricomincio da capo)
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