La croce dell'evangelizzazione
Si, lo so che ve ne siete accorti: quest'anno il tema della croce ha preso il suo spazio... Ve ne racconto un'altra espressione significativa che abbiamo vissuto in Vilacaya a fine maggio.
E’ arrivata un
mercoledì particolarmente (troppo) tranquillo, quando i ragazzi erano a
Sepulturas per i Giochi Plurinazionali e molti adulti erano andati a vedere le
partite e sostenere le squadre del Collegio. Ce l’hanno portata Padre Julian y
Padre Marco Antonio nella sua “bara”, come dicono scherzosamente: è una croce
grande, smontabile, in stile barocco della Chiquitanía, riproduzione lignea di
una delle prime croci che i Gesuiti hanno innalzato nelle Reducciones (stile
del film “The Mission) ed è una croce pellegrina. Il suo nome è “Croce
dell’evangelizzazione” e il suo pellegrinare ha la finalità di preparare i
cuori al grande evento del 2018: il Congresso Americano Missionario che si
terrà in Bolivia, e anche per attizzare il fuoco della missione nella vita dei
cristiani.
In verità, dentro
di me c’erano un po’ di timore: purtroppo la colonizzazione è avanzata sotto
l’ombra della croce... cosa può significare una Croce dell’Evangelizzazione per
la nostra gente, che ancora oggi soffre le conseguenze del cattolicissimo
dominio straniero?
Ma i dubbi si
sono dissipati presto, soprattutto quando ho chiesto ai ragazzi di colorare un
disegno della croce, per poi portarlo a qualcuno che non la conoscesse. Senza
dire nulla, hanno preso in mano quasi tutti i colori: il giallo, il rosa,
l’azzurro, il verde... La croce dell’Evangelizzazione si è come coperta di un
coloratissimo “aguayo”.
La cultura
quechua ha incontrato la croce già molti secoli fa. Alle volte rimuginiamo
sulla colonizzazione e cristianizzazione forzata. No, la nostra gente è
cristiana, e si prende tutta la libertà di esprimersi secondo modi, tempi,
gesti e colori propri. Me lo dimostra il fatto che i bambini di Infanzia
Missionaria, il giorno in cui è arrivata, l’hanno rivestita di fiori, così come
le nostre donne infiorano la croce in Quaresima.
Sono stata
soddisfatta di alcune cose: primo, che sono venuti a visitare la croce i
ragazzi più semplici della Parrocchia. Non abbiamo avuto molto tempo per organizzare
e chiamare più gente, ma coloro che sono venuti l’hanno accolta con il loro
cuore umile e povero, proprio come quel Dio che è morto sulla croce. Secondo,
lasciare che la gente esprima la sua devozione secondo le proprie categorie
culturali, ci permette di conoscerla più a fondo e ci evangelizza, perché
impariamo altre espressioni di fede che alle volte hanno una profondità
impressionante. E per finire, terzo punto: forse la nostra gente non scenderà
nelle piazze a predicare il Vangelo e i nostri giovani non parteciperanno a
missioni estive come in altre parti d’America, ma si porterà il ricordo di
questa croce bella esteticamente, grande in dimensione, una croce che non porta
più il Cristo, perché è risorto. Una croce che alle volte sentono sulle loro
spalle di contadini maltrattati dal clima inclemente e dimenticati da quasi
tutti. Ma da quella evangelizzazione che questa croce rappresenta, hanno
ricevuto il dono della fede in Dio Amore, amore così grande da donarsi
completamente e può dire: “Io sono con voi sempre, fino alle fine del mondo”.
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il numeroso gruppo di Sunchu Pampa e Uvila |
La croce dell'evangelizzazione
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