Incontro con l’Altro
Ero giovane,
moooolto giovane: avevo vent’anni! L’ aula immensa e stracolma per ascoltare le
lezioni del prof. Remotti che ci parlava di identità, di incontro con l’Altro,
con il diverso... era il mio primo contatto con la antropologia.
Poi, finita
l’università, sono entrata in una congregazione religiosa e fin dall’inizio ho
vissuto con sorelle di altre nazionalità, o con italiane meticciate, che cioè
si erano lasciate trasformare dai popoli con cui avevano camminato: di solito, si
tratta di persone che parlano in forma bizzarra e che hanno pensieri distinti,
perché si sono arricchite della sapienza di altre culture.
Dopo due anni è
toccato a me fare le valigie, entrare in contatto con una società e cultura
diversa, quella del Brasile, e di vivere insieme con novizie e suore di cinque
nazionalità differenti. E da allora la musica è sempre stata la stessa, tanto
che alle volte ci pare – a noi Missionarie della Consolata – tanto scontato il
vivere l’interculturalità, che ci stupiamo quando la gente strabuzza gli occhi
e si chiede come è possibile che persone tanto diverse possano convivere sotto
lo stesso tetto. E che fortuna se diamo la testimonianza che non solo non ci
ammazziamo, ma al contrario che ci vogliamo bene!
In realtà, non
c’è niente di tanto scontato. La convivenza interculturale è il risultato di un
lungo cammino, di molte cadute e frustrazioni, come anche di tante esperienze
arricchenti. Non cambierei con nessuno la mia vita colma di incontri con
culture differenti!
Oggi più che mai,
però, è un’esperienza che interessa un po’ tutti: se quando io ero piccola
iniziavano a vedersi i primi nordafricani come venditori ambulanti, oggi anche
i piccoli paesi sono colorati dalla presenza di famiglie che vengono dall’est
Europa, dal Nord Africa e dall’Estremo Oriente.
Sono ritornata a
studiare, e questa volta uno studio sistematico dell’Antropologia, la cui
domanda basilare è proprio sull’esperienza dell’Altro, che di riflesso mi pone
domande sulla mia identità. Per questo nasce questo articolo, come un pensiero
a voce alta sulla mia esperienza di vita. In comunità quest’anno siamo quattro
suore di tre continenti e quattro paesi diversi, le quali viviamo in un contesto
culturale di popolo originario al quale non apparteniamo “geneticamente”. Si
tratta di un incontro con l’Altro radicale a full immersion? Non so, non ci
penso molto. Qui a Vilacaya mi sento a casa, ma alle volte, quando si viene a
contatto con realtà toccanti e distanti, allora la domanda sull’Altro emerge
coscientemente. Le alternative sono: disprezzare e rifiutare, accogliere
passivamente, lasciarsi schiaffeggiare dalla realtà e poi amarla così come è.
Premetto che per natura non sono molto critica della realtà altra che mi accoglie,
e non ho tendenze a cambiarla a mia propria immagine e somiglianza; ammetto,
però, che alle volte è dura l’accoglienza di certi aspetti crudi o – secondo i
miei schemi mentali – insensati.
Tutto ciò non mi
scoraggia e non toglie la poesia di questo incontro con l’Altro. E circa il
tema dell’identità, è interessante e molto costruttivo sapere con il tempo come
l’Altro mi vede, perchè molte volte mi rivela un’immagine di me stessa che –
allo stesso modo – presenta aspetti crudi e – schemi altri schemi mentali –
insensati.
Incontro con l’Altro
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