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Davanti alla Consolata


Nel giorno della festa della Consolata, vi propongo una mia riflessione/contemplazione davanti all'icona della nostra Madre, patrona dei missionari e mssionarie della Consolata.



Vorrei dire due cose, prima di iniziare la mia contemplazione e riflessione. La prima, è che l’icona della Consolata non mi ha mai entusiasmato a livello estetico: ci sono altri dipinti molto più affascinanti. Molti artisti, riproducendola, in qualche modo l’hanno “abbellita”, ponendo colori più forti, dando espressione agli occhi e ai visi. Eppure questa icona mi ha sempre attratto. E’ un po’ come la mia esperienza con la Parola di Dio: attrazione, ma anche fatica, fino ad arrivare ad un’intesa profonda. Il mio primo approccio nella preghiera a questa icona ha dato come frutto il canto “Contemplando la Consolata”. E’ probabile che il seguito di questo scritto riprenda alcuna intuizione espressa in questo canto, però tutto sarà rivolto alla luce della Parola di Dio, che mi condurrà, nella riflessione, dove Lei vorrà, come sempre accade.
La seconda cosa che vorrei premettere, prima di iniziare, è che il mio lavoro non è una analisi iconografica, che spiega i vari simboli presenti secondo i canoni seguiti nelle icone. Semplicemente lascerò parlare il quadro, ed esso mi indicherà la Parola di Dio che mi vuole comunicare.
Questa contemplazione/meditazione è dedicata a tutte le mie sorelle missionarie della Consolata, nel giorno della festa della nostra Madre del Cielo.

Madre e Figlio
La Consolata non è una Madonna sola, è la Madre con il Figlio. Non si può pensare a Maria senza Gesù, tutta la sua vita è trascorsa in funzione di Lui, ha persino rischiato la vita (la lapidazione) accogliendolo in sé. Maria ha sempre vissuto la vita “in piedi”: ha detto un “sì” umile ma pieno di dignità a Nazareth, fino a quel giorno triste e così difficile da capire, quando al Calvario stava “in piedi”, ai piedi della Croce (Giovanni 19). Maria rispecchia nella sua vita tutta la dignità della persona umana, tutta la forza racchiusa nella piccolezza che è tipica di quella creatura che Dio ha voluto a sua immagine e somiglianza. Anche la Consolata sta in piedi, tenendo in braccio il Figlio. Ma le due figure non sembrano “interagire” vistosamente, come in altre icone, comprese quelle della Consolata, in cui il Figlio si china verso la Madre. Maria e Gesù qui mi sembra che rappresentino l’umanità e Dio che si fa uomo: l’esempio più bello di umanità, che sta “ in piedi”, vivendo la dignità che Dio le ha donato, e l’esempio più bello, più stupendo, che noi non avremmo potuto nemmeno pensare nella più esagerata immaginazione: Dio che si fa carne, Dio che si rivela come il Dio-con-noi.

Yaqui, una bimba della comunità Consolata (Merlo), ha regalato dei bei fiori alla Consolata


Le due mani
Il particolare della Consolata che più mi è caro, è la manina di Gesù che stringe il pollice della mano di Maria. E’ un gesto comune, così usuale tra un genitore ed il proprio figlio o figlia. Qui si tratta della mano di Dio che si fa carne, mano che possiamo vedere, toccare (1 Giovanni 1), stringere. Dio si fa carne, non c’è più distanza tra Cielo e Terra, sempre se noi lo vogliamo.
Un Dio che si fa carne e stringe la mano all’umanità, rappresentata da Maria. Non si tratta però della stretta di mano tra due adulti: Dio si fa piccolo, la Parola Eterna si fa “stretta”, come dicono i Padri della Chiesa. Non è solo un farsi uno di noi, qui Dio Figlio si fa piccolo-piccolo, bisognoso della manona di sua madre. E quando arriva alla fine della sua vita, nuovamente ritroviamo questo Dio Figlio in una situazione di estrema povertà, dipendenza dagli altri: inchiodato in una croce, prende il posto dei maledetti (i crocifissi sono considerati dei maledetti da Dio, nel Pentateuco). E come dicevamo prima, ecco Maria lì, in piedi, ai piedi della croce.

Comunità Consolata: un piccolo piloncino alla Consolata, in attesa della cappella...

Gli sguardi
Gli sguardi di Maria e Gesù non si incrociano un solo istante. Lui guarda fisso davanti a sé, e il nostra sguardo incrocia il suo: questo è l’importante, l’essenziale: incontrare il suo sguardo ed avere una relazione profonda con Lui. Maria, invece, guarda altrove. Non si può incrociare il suo sguardo, e nemmeno capire bene dove sta guardando: in basso? Verso Gesù? Mi emoziona pensare che, se da una parte la coda dell’occhio guarda il bambino (come fanno tutte le madri), il suo sguardo si spinge verso l’orizzonte del mondo: avere come orizzonte il mondo intero, ma senza perdere di vista Gesù.
Gli sguardi di entrambi sono poco espressivi a livello di sentimenti, ma molto intensi. In ogni caso, sono gli sguardi di due persone totalmente decentrate, dimentiche di se stesse e protese verso l’altro che le possa incontrare. Nemmeno si fermano alla loro intensa relazione di madre-figlio, anzi: proprio questa relazione li spinge ad accogliere in questa relazione d’amore tutte le persone. E’ lo stile di una vita: Maria si accorge a Cana che non c’è vino (Giovanni 2); Gesù guarisce la suocera di Pietro (Marco 1) entrando nella sua casa… ed è anche il gesto estremo del Calvario, dove Maria è data a Giovanni come madre, e Giovanni a Maria come figlio (Giovanni 19). 
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