La casa stregata
Il signor Erculiano è un grande ammiratore della sua cultura
originaria, e ce la fa conoscere con orgoglio, attraverso la musica del suo
charango, invitandoci a partecipare alle feste tradizionali, e con aneddoti
molto interessanti.
Ci ritroviamo, verso una sera di fine estate, nella nuova
struttura che ospiterà i ragazzi delle Superiori in Vilacaya: hanno appena
finito il tetto, e per questo bisogna celebrare. Alla mattina avevano già
asperso con il sangue di una capra gli angoli degli ambienti, a noi suore ci
hanno chiesto di aspergere l’acqua benedetta: sono i due elementi forti per la
nostra gente, che fondono insieme la religiosità originaria e quella cattolica.
Come sempre, si continua con il pasto comunitario (non c’è
rito senza cibo), e mentre aspettiamo le autorità politiche che vengono da Puna
(e che si fanno sempre aspettare), ci sediamo pazientemente, appoggiando la
schiena alle pareti ancora di spogli mattoni. E’ in questa occasione che
Erculiano ci racconta l’importanza di questo rito: “Sapete, hermanas, è molto
importante ch’allare una casa. Ho conosciuto una famiglia i cui membri sono
tutti impazziti, a causa dello spirito cattivo presente nella casa”. La ch’alla
annuale della casa si fa il martedì grasso, quella speciale durante le fasi
della costruzione. Ogni casa ha i suoi
spiriti protettori, chiamati uywiri – nome generico che significa appunto
“protettore” – che sembrano un poco agli angeli custodi; e generalmente ogni
famiglia ha un altare di legno per il Santo che protegge, generalmente San
Giacomo, o la Madonna, alcuni vengono con San Filippo o San Bartolomeo. Anche
qui, come in molte altre espressioni, notiamo elementi cristiani e elementi
originari che convivono pacificamente nella casa e nella fede della nostra
gente.
In un’altra occasione, ci hanno riferito di un collegio che
ha sofferto la morte di due giovani che, durante le vacanze, si sono suicidate.
“Lo spirito della casa ha fame di vite”, è stata la reazione della gente,
spaventata da questi tragici fatti, e di fronte a questa sensazione comune, si
è deciso di fare un sacrificio di lama (è una delle offerte più grandi che si può fare) con il cui sangue si
è asperso tutto l’edificio, per placare la fame dello spirito della casa.
i grattacieli in La Paz |
La chiesa di Belén è molto antica, ma incompleta: a dir la
verità, è un santuario molto frequentato per la festa della Madonna del
Rosario, però è ridotto a poche macerie. Più volte è stato riaperto il
cantiere, e tutte le volte chiuso, a causa di una morte sul lavoro. “E’ perché lo
ha costruito il Diavolo!” dice la gente, forse è come dire che lo spirito
dell’edificio ha molta fame. Si racconta, e si legge persino in libri di
antropologia, che quando in una grande costruzione – come lo sono i grattacieli
- muoiono molti operai, si immola una persona e si asperge il suo sangue per
placare lo spirito. Generalmente un demente o un barbone, individui ai margini
della società. Queste cose fanno rabbrividire, ma esistono. Sono il lato meno
comprensibile e attrattivo della cultura andina, ma che ne fanno parte, come le
ombre fanno di un quadro un’opera d’arte, insieme ai colori e alle luci.
La casa stregata
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