La notte più fredda
“Questa sarà la notte più fredda dell’anno”
dice la gente, e non si tratta di una previsione meteo ascoltata alla TV: la
notte tra il 23 e il 24 di giugno è considerata tradizionalmente la più fredda
e anche la più lunga. E per difendersi dal buio e dal gelo, la cultura quechua
si arma dei suoi simbolismi e delle sue tradizioni, centrate attorno al fuoco.
Non è solo nell’Altipiano che la vigilia di
San Giovanni è vissuta in modo speciale: in Brasile segna il culmine delle
“Festasjuninas”, in cui, tra le molte cose che si fanno, c’è anche il salto del
falò, elemento comune alle tradizioni andine. In uno studio antropologico nei
tempi della mia gioventù, ho scoperto che accendere fuochi ai quattro angoli
dei campi era tipico di questa notte, nella Valle Po, in provincia di Cuneo.
Tutto fa pensare che sia una tradizione arrivata con gli europei conquistatori,
anche se qui le cose cambiano: infatti, in Europa il 24 giugno è estate, mentre
nell’Emisfero Sud segna l’inizio dell’inverno, per cui la simbologia acquista
nuovi significati.
Le educatrici del Centro dei bambini ci hanno
invitate a fare vigilia con loro, e ci siamo andate volentieri: camminando per
le strade, si sente odore di legna bruciata, e da molti cortili sale un filo di
fumo che attesta la presenza di un falò. Arriviamo al Centro, e davanti alla
porta i ragazzi attizzano il fuoco con rametti che sono andati a raccogliere
nei dintorni. Ci sediamo tutti attorno
al falò, che illumina e scalda la notte più lunga e più fredda. Ci offrono api
(bevanda calda a base di mais macinato), buñuelos (un pane fritto) e pancho
(wurstel dentro il pane, condito con ketchup e maionese).
Poco per volta la collina si illumina: i
ragazzi della scuola stanno salendo con torce, formando bellissime figure
mobili, mentre in altri punti si propagano fuochi di dimensioni abbastanza
grandi. Con tutto l’erba secca che c’è, abbiamo paura che l’incendio si
estenda, ma ci spiegano che, per il poco ossigeno, il fuoco non ha molta forza
per diffondersi.
Il cibo che ci hanno offerto è molto buono, e
il calore del fuoco è assai gradevole. Non c’è famiglia che non celebri la
vigilia di San Giovanni; il Presidente Evo Morales sta facendo molta pubblicità
al rito del 21 giugno, nel quale – secondo la tradizione andina – bisogna
accogliere il sole che sorge, per ricevere energia positiva per tutto l’anno.
In realtà, nella nostra zona l’Inti Rayni è celebrato più a livello di
propaganda del Partito che dalla gente, che trova nella vigilia di San Giovanni
il suo momento tradizionale per vivere ritualmente il passaggio all’inverno,
che segna allo stesso tempo l’inizio dell’allungarsi del giorno.
i ragazzi divorano i pachos |
Arriviamo a casa, e nel campo accanto alla
nostra abitazione stanno bruciando l’erba secca, così come in molti altri
terreni incendiano la paglia rimasta: siamo nel tempo più tranquillo dell’anno
agricolo, ormai le attività di raccolta sono finite, e i contadini si dedicano
a sfogliare il mais e trigliare con gli asini l’orzo e le fave. Fra un mese
inizierà l’aratura con i buoi, e dopo i giorni della Pachamama (a inizio
agosto) si intensificheranno i lavori, nell’attesa della pioggia per la semina.
La notte del 23 giugno mi ricorda intensamente
la vigilia di Natale, che corrisponde allo stesso periodo dell’anno, nell’altro
emisfero. Le molte luci della festa, l’immagine del focolare: tutti simboli per
esorcizzare la notte più fredda e più lunga dell’anno, proprio come qui, in
Bolivia, succede ad ogni vigilia di San Giovanni.
Un altro simbolo di San Giovanni è l’acqua:
Jhonny mi ha chiesto, dopo la Messa del 23, un po’ di acqua benedetta per le
sue caprette. E’ comune darla agli animali, ed inoltre, quando sorge il sole il
24, è tradizione bagnare le persone. Mi viene freddo solo a pensarci…
La notte più fredda
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